mercoledì 11 giugno 2008

Face to Facebook


Non scrivo, ma mi adeguo. In questa estate torrida soltanto per i cambiamenti professionali del sottoscritto (per il resto, pioggia e nuvole imperversano, con un giugno in cui una mattina sì e l'altra pure noto in redazione qualcuno col maglioncino) mi ritrovo a scrutare il mondo esterno come fossi al di qua di un oblò. Ed è singolare il fatto che faccia un mestiere con l'obiettivo di raccontare agli altri cosa accade al di là dell'oblò: fatico a comprendere cosa stia accadendo nella scrivania di fronte alla mia, per tutto il resto, bene che vada, è miopia. Nessun problema, questione di modi e tempi da affinare, per cui attendo il momento in cui questa sindrome da play station passerà e tornerò ad avvertire il desiderio di altro che non sia la fattura di un giornale. Qualche segnale c'è già. Ieri sera e ieri l'altro sono tornato a leggere un libro ("Il campo del vasaio", Camilleri) e oggi ho chiamato un paio di amici al telefono. Prendo come spunto questo post per chiedere scusa a tutti coloro che mi conoscono e mi hanno visto immergere, attendendo che tornassi a galla pian piano. Lo sto facendo. Da questa settimana rispondo anche alle mail, non dimentico di replicare agli sms e ricordo persino di interessarmi dei fatti della vita importanti per le persone che amo. Sto tornando quasi normale, insomma, a patto di definire normalità la condizione in cui ho sempre vissuto.
Affido questo ampio preambolo alla gentilezza di chi legge (e mi conosce), approfittando per una breve digressione su Facebook, a cui sono iscritto ormai da parecchio tempo, senza tuttavia utilizzarlo, se non per guardare ogni tanto le foto delle persone che hanno voluto mandarmi un invito e inserirmi nella loro lista di amici.
Noto che ultimamente incrementano le iscrizioni di persone che conosco. E sono le più disparate, dai conoscenti di blog a parenti lontani a persone che non vedo da anni e ritrovo sorridenti in foto, nella copertina di questo social network. Lo scrivo per riferire della filosofia che mi vede aggregato e che consiste, più che nel concreto utilizzo, nel fatto di esserci, di aver messo una bandierina. Mi pare insomma di seminare, rimandando giorno per giorno il momento in cui sfrutterò questo strumento sul serio. Non vorrei però che alla fine, novello Giovanni Drogo, mi scoprissi stanco e vecchio, avendo trascorso la vita nell'attesa che quel momento arrivasse, senza far nulla perché capiti davvero. Giuro che appena prendo confidenza con questo benedetto lavoro e mi rimetto in pista sulle cose che contano con egual peso, entro a piè pari su Facebook e deciderò se val la pena di esserci oppure se più saggio congedarlo.
Foto by Leonora

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Tempo fa io criticai molto Facebook. Dopo qualche mese dall'apertura del mio account ho cambiato totalmente idea. Ora sono contento di utilizzarlo.
Che senso ha Facebook? La risposta te la sei data un pò da solo:
per guardare ogni tanto le foto delle persone che hanno voluto mandarmi un invito e inserirmi nella loro lista di amici.
E' così. Facebok è un'immensa piattaforma con cui restare in contatto con i propri amici, magari sperduti qua e la nel mondo e che altrimenti non avresti modo di sentire mai. Facebook ti permette, senza essere invasivi o rompiscatole, di mantenere comunque i rapporti, di stare aggiornato su di loro, guardare le loro foto, lasciargli un messaggio, sapere dove sono, invitare persone alle feste, ricordarsi i compleanni.
Ovviamente è qualcosa che funziona in quella rete di persone che lo utilizzano, altrimenti è un solo un dato in più su di noi da scovabile su Google.

Se posso permettermi, ti vorrei dare un consiglio. Se utilizzi Firefox per navigare in Rete, installa questo plugin:
http://developers.facebook.com/toolbar/, in questo modo tutte lenotifiche potrai vederle immediatamente nel browser, potrai impostare il tuo stato al volo e ti invoglia ad usarlo in modo più semplice invece che andare continuamente nella propria pagina.

Unknown ha detto...

Darwin diceva che non è la più forte delle specie che sopravvive, nè la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti.
Alla luce del fatto che la specie umana, nel bene e nel male, pur con mille disparità, sopravvive e lungi da me il pensiero di considerarla la più forte e la più intelligente delle specie...l'unica spiegazione plausibile è che sia una tra le più reattive ai cambiamenti.
Tu hai cambiato, è normale essere assorbiti dal nuovo lavoro, confusi, e arrivare a sera "lunc e tirò". E' la conseguenza della propria reattività. Non fartene un cruccio, trova i tuoi equilibri e, quando li avrai trovati e rimetterai il naso fuori, scoprirai che tutti coloro che ti vogliono bene sono lì esattamente dove ti aspettavi che fossero.

non ti pare?

Luca B.

Anonimo ha detto...

Effettivamente già ci manchi qui, se poi non ti si legge nemmeno sul blog è finita..
Non farti sommergere!
Baci
Fede

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

la sindrome 'allertasto' deserto dei tartari styled fa parte della vita di tutti, inconsciamente ci sdoppiamo fra il dove siamo e il dove vorremmo essere, fra ciò che siamo e ciò che ci piacerebbe realizzare - la questione credo sia più diffusa di quanto non appaia (buon vecchio Buzzati...!)
L'importante è sentirsi comunque lieti di essere laddove si è, per propria volontà e propria scelta. (Cosa che mi pare corrisponda in pieno al caso: ...ad maiora!)

Luciana

http://www.comoinpoesia.com
.

Luisa L.G. ha detto...

Certo il vuoto si sente ma una pausa sabbatica non la si nega a nessuno.
Non esagerare però.

zoja ha detto...

dopo tutto.. ;) mi fa piacere sapere che hai trovato il tempo a rispondere,dopo che ho scritto sulla tua bacheca!!
l'ho fatto notare alla maja...sicuramente ti aggiornera di persona!!
un abbaraccio zo