Anni fa, quando lavoravo al telegiornale di Etv, mandammo Mauro Migliavada alla sede locale della Regione Lombardia e né uscì un reportage al vetriolo, impietoso nella semplicità delle immagini: una cattedrale nel deserto, con pochi utenti e molti impiegati nulla facenti. Altri, mesi dopo, ritornarono e la realtà non si discostava affatto da ciò che avevamo illustrato. Nei giorni scorsi, avendo dato notizia di quanti soldi raccoglie in tasse la stessa regione Lombardia, abbiamo chiesto a Maria Castelli di curiosare di nuovo in via Einuadi, a Como, nella convinzione che tutto fosse immutato. L'articolo ch'é arrivato in redazione risultava di tutt'altro tenore, descrivendo il contrario di quanto immaginavamo. In questi casi la scelta è duplice: o si cestina il pezzo o lo si pubblica, aggiungendo un commento, per non lasciare disorientato il lettore, che si trova sul giornale il ritratto della normalità, cioè di un ufficio dove si lavora. Da parte nostra, non ci abbiamo pensato due volte.
Eppur si muove. Quando la stampa dà fastidio ma è utile
Se il resoconto di ciò che succede al Pirellino non fosse stato fatto da una giornalista che stimiamo e che in carriera ne ha raccontate molte e viste di più, avremmo storto il naso e diffidato di una sede regionale che abbiamo sempre considerato la roccaforte della burocrazia fine a sé stessa, mostro che si autoalimenta e che riesce a crescere a dismisura cibandosi del nulla. Del resto, le precedenti incursioni avevano confermato una situazione da ministero romano nei film di Sordi: uffici vuoti, dipendenti che giocavano con il computer invece di lavorare, cataste di scartoffie inevase, un andazzo da italiani in gita, del tutto estraneo all’operosità del comasco.Ora, rimaniamo sempre scettici su gran parte delle funzioni e sull’effettiva utilità di quella che continuiamo a ritenere una cattedrale dei passacarte, però dobbiamo essere altrettanto onesti e notare che dei cambiamenti sono avvenuti e in meglio. Finalmente le varie sedi sono state concentrate in via Einaudi, riempiendo gli spazi prima deserti e portandovi anche quell’Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) che si occupa di inquinamento e ad occhio e croce è l’unica attività lì dentro ad avere un impatto concreto nell’interesse del cittadino comune. Finalmente il cronista che sbircia oltre le porte non nota più impiegati disinvolti che non sanno far altro che girarsi i pollici. Finalmente, anche nelle curiose indicazioni dei cartelli («Alla macchinetta del caffè non si fa salotto per non disturbare chi lavora nei vicini uffici») pare d’intuire la volontà di girare pagina rispetto al passato, di conformarsi alla forma e alla sostanza di un posto di lavoro e non di svago. Una novità che ci apre il cuore e che oltre a restituire dignità a coloro che anche prima al Pirellino lavoravano (e che nel mucchio si vedevano messi alla berlina e dunque presi due volte per il naso) ci conforta sul valore che la stampa ha di controllare e denunciare le situazioni che non vanno. Un pungolo, questo siamo, e lo ricordiamo a chi ha un ruolo di responsabilità e se potesse ci tirerebbe un destro sotto il mento. È quello che probabilmente avrebbero fatto quei dirigenti della Regione incalzati mesi fa e che magari vorrebbero fare pure adesso, se gliene fosse concessa la possibilità. Ma intanto qualcosa è migliorato. Lo stesso speriamo valga per la Ticosa, per le buche nelle strade o per i muri delle paratie che tolgono la vista lago. Sappiamo di dare fastidio, ma se solleviamo un problema non è per il gusto di farlo, bensì per la speranza che venga risolto.
La Provincia, 21.09.09
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