Se n'é andato anche lui, che alla vita ha sempre sorriso, riso in faccia persino. Renato Riva aveva cinquant'otto anni e una voce a due dimensioni: o il bisbiglio, che riservava per le confidenze, mentre ti prendeva sotto braccio, o - assai più frequentemente - lo squillo, che sentivi anche a cento metri di distanza, accompagnato da una risata sonora, piena, gustosa e gustata. Un cuor contento, così l'ho conosciuto e così lo ricorderò, con le camicie verdi (verde alpino, non padano) o i cardigan noisette e quel saluto ch'era uno scoppio, un turbine a cui non potevi sfuggire, né lo avresti voluto, perché volergli bene, trovarlo simpatico per me era naturale. La prima volta che lo incontrai fu per merito di Roberto Ghioldi: Renato era presidente dell'asilo di Caccivio, membro del consiglio economico della parrocchia dell'Annunciata e anima degli alpini, si avvicinavano le elezioni e cercavamo qualcuno che potesse affrontare e battere Fogliani. Il soggetto mi affascinò per affabilità e competenza e da allora l'ho sempre considerato un amico. Quella volta non riuscì a imporsi nelle votazioni comunali, complici le divisioni interne alle opposizioni (che presentarono due liste e non una) e forse ancora di più per l'esuberanza di carattere di Renato stesso, la cui vitalità e bonaria simpatia finivano paradossalmente per oscurare - nell'immaginario di chi non lo conosceva bene - la preparazione, la serietà nell'affrontare i problemi. La sua rivincita l'ha avuta a fianco di Emilio Botta, come vice sindaco, trovando un collega amministratore ma soprattutto un fratello, un amico. Negli ultimi anni, prima di conoscere la portata della malattia, aveva dato una svolta alla sua vita familiare, dimostrando un coraggio e insieme una debolezza che ai miei occhi l'hanno reso ancora più vicino. Ultimamente non l'ho sentito spesso, ma mi resta la serenità di averlo sempre considerato uomo di valore e di non averglielo mai nascosto. Se davvero esiste qualcosa oltre questo mondo, so che lo ritroverò e lo riconoscerò, vedendolo salutare agitando il braccio da lontano e sentendolo urlare il mio nome (all'inglese: "George"), mentre gli occhi socchiusi ridono, dietro le lenti degli occhiali, in uno sguardo affettuoso e furbo. Ciao Renato, grazie per avermi voluto bene e arrivederci a quel giorno.
1 commento:
Belle parole, George :-)
Ci mancherà tanto, mancherà tanto a tutti...
A me mancheranno le sue squillanti risate,
mi mancheranno le sue pacche sulle spalle,
mi mancherà il suo perenne buonumore,
mi mancherà il modo con cui mi chiamava sempre.."ciao ragasso",
mi mancheranno tante cose.
Lassù, invece, ci sarà un bel movimento...!
Luca
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