Grigliate, tre sere su quattro. Una settimana così non la ricordavo da un pezzo. Chiedo scusa al fegato, ma preferisco avere cuore e recuperare un po' del tempo perduto, affannato per il lavoro e troppo pigro da sfidare il freddo insolito di giugno. Giovedì sono tornato tardi, però i commensali sono stati generosi: m'hanno tenuto da parte tre pezzetti di maialetto, cucinato alla sarda da Salvatore, marito di Simonetta, graditissimi ospiti insieme con i miei tre cognati. Ieri invece è stato il nostro turno, ospiti a Vedano di Italo e Giovanna, che ci hanno rifocillato con una varietà di carni da far impallidire chi vive in Argentina (paese in cui, pur tra mille traversie, non hanno mai conosciuto la fame, grazie ad un'abbondanza che gli fa arricciare il naso se si trovano nel piatto pollo o maiale, conoscendo solo le virtù del manzo). Stasera infine festa grande ancora a casa nostra, con una sorta di Ferragosto anticipato e adunata di parenti e gli amici più cari di mio padre: lui non c'è più, il suo spirito resta nella convivialità di chi gli voleva bene e nei gesti che gli erano cari. Il barbecue è un momento di socialità conosciuto ad ogni latitudine, anche s'è nel mondo occidentale che diventa rito, abbinando cibo genuino, cucina tradizionale (cuocere la carne sulla brace è forse il piatto più antico del mondo) e soprattutto pensieri tra amici, conversazione lieve e profonda insieme. Un aspetto questo che ho rivalutato recentemente, essendo prima scontato e - come ogni cosa scontata - poco apprezzato. Giovedì mi ha commosso l'amore fatto di poche chiacchiere e molto esempio tra Simonetta e Salvatore. Lei, anni fa, per colpa della varicella, è stata in coma settimane e settimane. Poi s'è ripresa, cambiata però nel profondo. La malattia qualcosa le ha dato (una memoria prodigiosa, una curiosità che sfoga leggendo centinaia di libri e una dolcezza squisita) e molto le ha tolto (parla velocissimo e cammina a fayica, assai piano). Salvatore l'è stato accanto allora e lo è pure adesso, senza ostentazioni né lamentele, con una naturalezza che sta tutta nelle parole con cui mi ha risposto, quando gli ho fatto notare che ammiro ciò che fa, confidandogli che probabilmente non avrei fatto altrettanto. "E perché? - m'ha risposto lui, serafico e placido - Quando ci si vuole bene, è normale".
Anche ieri sera, quando persino del dolce non era rimasta più traccia nel piatto e nel bicchiere c'era soltanto un dito di limoncello, la discussione ha lasciato le vie del frivolo per incanalarsi nei vicoli della fede e del dubbio. Mi ha stupito l'ardore di Maurizio, che ho conosciuto quest'anno perché suo figlio giocava a calcio con il mio ed è persona brillante e apparentemente dissacrante su tutto. Ho scoperto che invece va a messa tutte le mattine e non passa giorno senza che reciti il rosario. Italo taceva, Piero interveniva di tanto in tanto e io, come loro, ascoltavo, sentendomi distante - è vero - da quel modo di credere dove la religione lambisce i confini del magico, eppure nel contempo assai rispettoso e incuriosito. Stasera non so ancora di cosa parleremo, sono tuttavia certo che se avrò orecchie buone e animo disponibile, imparerò qualcosa dai vari Filippo, Ambrogio, Amelio, Carla, Iole, Paola... Sono vecchi amici di famiglia ma non amici vecchi: pur raccontando sovente gli stessi episodi, ogni volta rinnovano il repertorio e alla fine, senza mettere annunci pubblicitari, ti ritrovi sereno, lieto, allegro. Il tutto compreso nel prezzo.
Foto by Leonora
Nessun commento:
Posta un commento