Non c'è soltanto uno schiaffo, il pizzico sul braccio, una pedata.
La violenza peggiore che possiamo fare ai bambini è far ricadere su di loro la colpa della nostra durezza, della nostra irragionevolezza.
Le lacrime del capriccio sono così differenti da quelle della sofferenza vera, che è terribile quando viene subita.
Una ventina di giorni fa ne ho avuto sulla mia pelle la riprova.
Dovevamo uscire, la sera, per andare a casa di amici. Poi, nei minuti precedenti, era successo qualcosa che mi era andato di traverso (non ricordo cosa, questo a testimonianza che sono una testa di cavolo vera).
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata l'insistenza di Isabella nel voler portare anche Giovanni (otto anni), che - impegnato come era con i suoi dinosauri e Lego e macchinine varie - ovviamente non ne voleva sapere ed è iniziata una lagna, con tanto di urla, lacrime, strepiti da parte sua, caricato comunque a forza sulla macchina. La tiritera era continuata fino a che, dopo un paio di chilometri, avevo fatto inversione di marcia ed ero tornato a casa, con conseguente litigio tra me e Isabella. Risultato: lei e Giorgia erano andate, io e Giovanni rimasti a casa.
Il peggio è successo appena loro sono ripartite ed io ho aperto la porta. Invece di assumermi le mie responsabilità me la sono presa con Giovanni, dicendogli in poche parole che se eravamo dovuti tornare, se avevamo rovinato la serata, se io e la mamma avevamo litigato era colpa sua. Il capriccio allora s'è trasformato in disperazione vera, palpabile, sfogata con voce strozzata. "Ma non dovevate ascoltarmi! Io venivo, ero in macchina!" mi ha detto.
Ed è lì che mi sono sentito una schifezza. L'ho preso in braccio, l'ho abbracciato e pentito di tanta mia cattiveria, con sua grande sorpresa gli ho detto: "E' vero Giovanni, non è colpa tua, ma mia, che sono nervoso e ho esagerato a prendermela. Tu non devi fare i capricci, ma tu non c'entri se se siamo tornati e abbiamo litigato".
Quello che ci siamo detti dopo - tra padre e figlio - non aggiunge, né toglie nulla a questa storia, perciò preferisco tenerlo per me. Dico soltanto che abbiamo visto insieme un film, un bel film, e quando è tornata Isabella ho chiesto scusa anche a lei. Abbiamo chiesto scusa: io per la parte mia, Giovanni per la sua. E tra le pur belle serate d'estate quella è stata ancora più bella.
Foto by Leonora
4 commenti:
Sei un padre meraviglioso Giorgio: io ancora sto aspettando questo abbraccio e queste scuse, che so non arriveranno mai perché nemmeno sono sentite... da figlia che non ce l'ha, ti assicuro che questa empatia padre/figlio è un dono prezioso: sapere di dovere insegnare la vita al proprio figlio è ottimo, sapere di poter imparare la vita DAL proprio figlio è superlativo.
Leggere post simili fa bene al cuore. Si riprende un pò di colore in viso e si riacquista un pò di speranza sul fatto che esistono ancora bravi genitori che sanno educare ( e imparare loro stessi dai propri errori)
Il tuo non è un "caso" grave! penso sia dovuto, come alla grande stramaggioranza di noi, alla franesia e agli impegni quotidiani che ci sembrano inderogabili! quando sappiamo che inderogabili non sono. Bisogna ogni tanto fermarsi e riflettere su cosa davvero è importante per noi. La riflessione è d'obbligo sapendo che a volte i figli sono lo strumento di angherie e ricatti morali di alcuni genitori che attraversano un'esistenza non serena, senza rendersi conto che quanto stanno facendo ai propri figli è una violenza irrimediabile! una carezza non data al momento giusto, un semplice abbraccio non dato creerà una ferita sempre aperta.
Un padre che riconosce i propri sbagli è una grande fortuna per i figli e per la loro crescita; così come il dialogo,confronto tra padre/madre/figli non deve mai mancare.
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