Quattro. Pensavi non passassi di qua, a lasciare almeno una traccia, un segno?
No, non lo pensavi, sapevi che lo avrei fatto, che tiro sempre in lungo, che rimando fino a che si può rimandare però alla fine non manco mai agli appuntamenti che prendo e anche a quelli che non prendo ma che gli altri si aspettano da me, senza chiedermelo.
Sono passati quattro anni da quella mattina in cui alle domande non hai più risposto. Le ultime parole che ti ho sentito pronunciare sono state il mio nome, "Giorgio" e "nonno". Il tuo, d'un nonno, colui che ti ha fatto da padre e che ti ha cresciuto, quando tua madre lavorava in Svizzera e tornava due volte all'anno. Dalla sera prima avevi chiuso gli occhi e respiravi a fatica, in un sonno profondo che era già agonia, presagio del lutto. Hai chiamato che erano le due e io ero seduto sul divano. "Giorgio". L'hai pronunciaro chiaro, come per accertarti che fossi lì, che non me ne fossi andato. Poi nulla, solo un farfugliare confuso, di tanto in tanto. Un'ora dopo io e la mamma ti abbiamo stretto la mano, quando hai detto "Nonno" e hai riso piano. Sembrava stessi sognando, che fossi tornato bambino. Poi altro silenzio e un ansimare greve, fino alla luce del mattino. Le campane stavano suonando le otto quando hai fatto un respiro più lungo, senza aggiungerne un altro. I bambini erano appena andati a scuola, Isabella era ancora per strada e io e te e la mamma siamo stati per l'ultima volta ciò che per anni e anni siamo stati e sempre saremo: una famiglia, un cuore solo.
Da quel giorno sono cambiate un sacco di cose, la casa, il giardino, il garage, le auto, il lavoro... Mi spiace che tu non sia qui, in carne ed ossa, per vedere come sono diventati grandi Giacomo, Giorgia, Giovanni. Ibis c'è ancora, tornato con la sua cuccia nell'orto, dopo esser stato a lungo in esilio, mentre sua sorella Anubi l'ha presa in affido l'Ambrogio. Mauro e Simona hanno cambiato casa, Giulio continua a lottare con la grinta che gli hai sempre riconosciuto, mentre il Luigi Guffanti è morto, ma questo lo avrai saputo senz'altro.
La mamma tiene duro anche se la tristezza a lei non passa, non riesce ad accettare l'idea che te ne sia andato, che non possa scambiare qualche chiacchiera con te, almeno una volta ogni tanto. Laura è una persona adorabile e non c'è giorno in cui non passi da qui, mentre io cerco di fare giudizio. Anche se non sempre riesco, non scordo le lezioni che in silenzio mi hai dato. La verità è che da quando sei partito tu, aspetto anch'io il mio turno, sperando che arrivi tra cent'anni ma anche che quando sarà il momento non sarò solo, e ci sarai tu a farmi strada, e che chiamerò "papà" così come tu hai detto "nonno".
2 commenti:
SONO I GRANDI VUOTI CHE RIEMPIONO LA NOSTRA VITA.
Pensieri teneri, profondi, pensati tanti di quelle volte da quel giorno...
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