Foto by Leonora |
Trent'anni, un giorno. Trent'anni da quando ci siamo diplomati al liceo, il giorno invece è stato quello della rimpatriata, ieri sera, venti compagni di classe che si rivedono, incrociano di nuovo le strade, si abbracciano come mai si erano abbracciati prima. Sì, perché se c'è un aspetto che mi ha colpito è stato il senso fraterno di questo incontro, come se gli anni avessero limato gli spigoli, eliminato le simpatie a gruppetti e restituito un senso di appartenenza comune, un sentimento di vicinanza con ciascuno, un guardarsi negli occhi e riconoscere nell'altro un pezzetto di sé, scordato per decenni in un anfratto della memoria. "Sei tu!" dicevano gli occhi che incontravo, "Sono io!" rispondevano quelli incontrati, con un sorriso che illuminava i volti, mentre le parole contavano poco o nulla.
Chi legge il mio blog sa che sono convinto che le generazioni attuali siano migliori della mia, che i ragazzi di oggi abbiano delle qualità e una consapevolezza che non io non conoscevo. Ieri sera tuttavia mi sono accorto dei talenti che portano in dono gli anni e che valgono assai più dei molti capelli in meno e di qualche ruga. Prima fra tutte è la dolcezza, la tenerezza dei rapporti, senza imbarazzi, pudore o vergogna. La seconda è la pacatezza, poi l'equilibrio, la capacità di tollerare i difetti altrui e giudicarli con meno durezza.
Ci pensavo tornando a casa e ascoltando alla radio il resoconto della strage di Parigi, degli attentati che hanno portato morte e dolore in Francia. Le ho collegate alle parole udite qualche settimana fa da Padre Pizzaballa, custode di Terra Santa, che raccontava come i terroristi sono ragazzi giovanissimi, tra i diciotto e i ventidue anni e che neppure i loro conterranei più grandi riescono a controllarli, schegge impazzite senza briglia.
Ho una fiducia immensa nei nostri figli, nelle nuove generazioni, mi piace un sacco la purezza dei sentimenti, la rettitudine, il desiderio di cambiare in meglio il mondo, la generosità di relazioni e la gratuità dei gesti. Però come tutte le virtù rischiano di lambire il vizio se non mitigate da una certa accondiscendenza, da un vedere le cose da una prospettiva diversa, più "alta", non più "vecchia". Dettagli che allora non coglievo, adesso sì, proprio perché sono salito in cima alla pianta. E se è vero che la maturità l'ho fatta allora, maturo - e per questi aspetti migliore - mi sento soltanto ora.
P.S. Grazie a Michele Bignami, Rodolfo Sonzogni, Marco Antonio Giamminola, Monica Bernasconi, Patrizia Mattaboni, Giovanni Bianchi, Massimiliano Monaci, Giovanni Braga, Antonello Vella, Marina Briccola, Roberto Pini, Simona Bettarello, Vittoria Fagetti, Luca Corvi, Rossella Castellini, Cristina Corti, Matteo Livio, Giovanni Ruffini, Franca Vitelli. Grazie per avermi fatto sentire importante allora, nonostante al liceo fossi il più asino in matematica, e per non avermelo ricordato ieri sera :-)
2 commenti:
Caro Giorgio, complimenti per il bel resoconto della serata che direi hai riassunto in molto meno di 20 righe con le semplici parole quando dici del ‘senso fraterno di questo incontro, come se gli anni avessero limato gli spigoli, eliminato le simpatie a gruppetti e restituito un senso di appartenenza comune’. Mi sento, qui, di dover commentare il tuo post proprio sottolineando queste tue semplici parole, ma importanti. Importanti per te che le hai scritte, sicuramente per me e credo anche per chi c’era, allora e anche ieri sera. Lasciare la vostra classe alla fine della terza mi ha catapultato all’improvviso da uno stato di incredibile felicità a momenti di assoluta tristezza che ho superato solo dopo molti e molti anni. Rincontrarci così senza presunzioni, senza attriti, senza gruppetti, ma fraternamente e amichevolmente, mi ha fatto un po’ rivivere quel momento di rimpianto per tutti voi. Anch’io voglio ringraziare tra tutti Monica e Patrizia: eravate le mie amiche del cuore, sorelle di tutti i pomeriggi di studio e di divertimento (e dal mio cuore non vi ho mai cancellato). E spero di essermi contenuta anch’io entro le 20 righe. Grazie a tutti, Vittoria Fagetti
E' stato strano, è stato come sapere e non sapere...sapere chi eravamo ma non sapere cosa avevamo fatto in tutti quegli anni...un pizzico di nostalgia, come dicevo a Vittoria "if" ...un pizzico di rimpianti ...una spruzzata di allegria perché eravamo felici di essere li, non tutti purtroppo, la prima fila banchi lato finestra non era completa, eravamo io e Franca metà, Maria non può venire e Carla un imprevisto e a me mancavano due pezzetti del passato..anche se le strade ci han diviso, le compagne di banco e i compagni di classe sono sempre importanti.
Grazie Giovanni Bianchi, per tutto. Grazie Giorgio per le tue parole.
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