Foto by Leonora |
Emilia è una ragazza ormai, quarta di quattro figli, nata in una famiglia perfettamente normale o normalmente perfetta, tanto che la mamma la definisce "famiglia invisibile". Una coppia che si ama, tenore di vita dignitoso, senza sciupare nulla e senza nulla lasciarsi mancare, fratelli che sono sempre andati bene a scuola, zero richiami, pochi brutti voti, mai una nota. Emilia no. Emilia fin dalle elementari ha espresso un disagio, stando male parecchie volte, vomitando persino, tanto che più volte i genitori sono stati chiamati per portarla a casa, con le maestre prima e i professori poi che storcevano il naso e ripetevano la solita litania: "Emilia non studia abbastanza... Emilia potrebbe dare di più... Emilia non si impegna...".
Una discesa ripida e faticosa quanto una salita, con nessuno che riesce a trovare il bandolo della matassa, finché il destino fa uscire il dado che sblocca lo stallo e risolve la storia. Emilia viene sorteggiata per una ricerca sul valore e l'utilità delle riunioni di famiglia in ambito scolastico. Attorno a un tavolo si siedono lei, la sua famiglia, i professori, un "facilitatore" delle relazioni e un "advocat", un "portavoce" potremmo chiamarlo, che parli a nome della ragazza.
Il risultato positivo non tarda ad arrivare, con Emilia che pian piano riprende fiducia, i docenti che allentano la presa e l'inizio di un percorso che porterà alla diagnosi di disturbo dell'apprendimento, concretizzato nella scarsa memoria a breve termine e la necessità di utilizzare tavole e altri strumenti per compensare la mancanza.
"Emilia si stava convincendo di essere stupida!" si sfoga la madre al convegno che racconta in teoria ciò che lei ha vissuto nella sua stessa carne, in prima persona. "Emilia si stava convincendo di essere stupida e se non fossimo stati fortunati nel far parte di questo percorso probabilmente ne saremmo stati convinti tutti, senza scoprire mai la cause delle sue difficoltà e del malessere che ne seguiva".
Riporto questa storia, pari pari a come l'ho ascoltata, ieri, perché Emilia non è sola, di Emilia è pieno il mondo e anch'io ne ho avuto da genitore un'esperienza diretta. Lo scrivo senza pretese di invettiva, con una funzione più prosaica, ch'è quella di lanciare una cima, un salvagente, per tutte quelle famiglie che si trovano in difficoltà e non sanno dove sbattere la testa: non lasciatevi cadere le braccia, non permettete a vostro figlio o figlia di convincersi che è stupido o stupida, cercate il tratto di genio che c'è in ciascuno di noi, perché spesso il problema di noi adulti è che guardiamo dalla parte sbagliata.
P.S. Grazie a David, a Laura, a Elena Meroni, a Francesca Maci e all'azienda speciale consortile Comuni Insieme che mi ha invitato come moderatore della tavola rotonda per spiegare i risultati della ricerca sperimentale sulle "riunioni di famiglia nella scuola". Ogni volta che vado a Bollate torno più fiducioso sul servizio pubblico e sulle risposte che è in grado di offrire nella società contemporanea.
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