Ti ho ascoltato, ho cercato di ascoltarti, come riesco, come posso, con tutti i limiti che mi porto appresso, compreso quello che mi rende così umano e mi spinge a “misurare tutto”.
Sei sempre accanto a me, pur se ti nomino di rado e ancor meno rivelo che ti penso, che mi manchi, che specialmente oggi avrò un vuoto dentro, poiché è una delle feste a cui non saresti mancato e mi parrà tuttora di vederti, a capotavola, mentre sorridi e versi il vino.
Dei molti che erano seduti, troppi mancano all’appello, tu però sei il più giovane, colui che non ha seguito la logica del tempo, che è stato strappato con uno scarto del destino.
Ti ho ascoltato, dicevo, cercando di godere questa vita più di quanto mi verrebbe spontaneo, concentrato come sono a costruire senza badare che un giorno, spesso senza preavviso, crolla tutto.
Ho programmato più vacanze, sono stato meno orso, ho sperimentato modi nuovi di viaggio, non ho avuto braccio corto e, quando mi veniva la tentazione di ritrarlo, mi sono tornate in mente le tue parole, ma prima ancora il tuo sguardo, l’espressione del tuo viso, esattamente un anno fa, quando senza fronzoli hai confidato quanto sciocchi siamo a rinunciare alle esperienze belle per pigrizia, per risparmio.
Ho cercato di fare la mia parte insomma, come ho visto fare a chi ti era ancora più vicino, per dimostrare che in noi, in tutti noi, sei vivo e che il tuo lasciarci così presto non è stato vano.
P.S. “Misurare” è abilità che può essere dono e maledizione al tempo stesso, una delle derive a cui come esseri umani tendiamo e che ci rende così diversi dalle creature che intendiamo divine, per le quali il tratto caratteristico è esattamente il contrario, cioè l’estrema abbondanza, il senza confini, il donare continuo, straripante, in eccesso.
“Misurare ogni cosa” è tentazione continua, una tendenza innata, pure negli spiriti più liberi.
Sconfiggerla, eliminarla, estirparla completamente è arduo, però se ne può avere consapevolezza, accorgersene, giungendo a mitigarla, tenendola a bada, impedendo che diventi idolo, ricordando che nessuno è tanto ricco come colei o colui ch’è veramente povero, cioè non aggrappato al materiale, disposto a rinunciarvi, in parte o del tutto.
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