E' la rubrica con più lettori in Italia, o così almeno dicono al Corriere. Parlo del "Pubblico & Privato" di Francesco Alberoni, in edicola sul principale quotidiano italiano, ogni santo lunedì.
La leggenda narra che in passato uno dei direttori, dovendo far fronte a continui tagli di bilancio, impose un taglio netto ai compensi dei collaboratori fissi, Alberoni incluso. Il quale Alberoni però non fece una piega e disse: "Grazie, ma a queste condizioni lavorare è avvilente, me ne vado". Fu allora che gli esperti di vendita estrassero dal cassetto quanto valeva, in termini di copie, il suddetto Alberoni, convincendo il direttore a una lesta retro marcia.
Personalmente non lo seguo con continuità. Non per scelta: per atavica distrazione. Quando lo leggo è raro che rimanga deluso. "Sono le solite cose" dicono alcuni. "Aria fritta" sentenziano altri. Sarà. Ma la grandezza è anche questa: rendere affascinante ciò che a prima vista è pure scontato, banale.
Oggi ad esempio l'articolo intitolato "Se aiutate qualcuno non aspettativi gratitudine" è di quelli da collezione.
Scrive Alberoni:
Scrive Alberoni:
A tutti noi è capitato di aiutare qualcuno, un amico, un conoscente, a trovare un lavoro, di sostenerlo nel momento del bisogno in modo disinteressato, e poi scoprire che la persona beneficata, anziché esservi riconoscente non solo dimentica quanto avete fatto per lei, ma diventa fredda e si comporta verso di voi con rancore. E mi viene in mente quel passo de «Il paradiso perduto» di Milton in cui Satana dice che si è ribellato a Dio per il peso insopportabile della riconoscenza. Cos'è il peso della riconoscenza? Come può la gratitudine diventare insopportabile? Il caso più semplice è quello dell'invidia. Satana voleva di più, non accettava la sua condizione di secondo. E mi viene in mente che agli inizi della mia carriera avevo aiutato un mio collega psicologo che aveva bisogno di lavorare e ne avevo fatto il mio vice. Un giorno qualcuno mi ha riferito che sparlava continuamente di me al punto che sua moglie, il giorno in cui li ha colti un acquazzone, gli ha detto: «Non sarà anche questo colpa di Alberoni»? La spiegazione era semplice. Dopo aver imparato un po' il mestiere, pensava di essere più bravo di me e voleva prendere il mio posto. Da allora ho imparato che è pericoloso mettersi troppo in evidenza perche scateni l'invidia dei tuoi colleghi.
Ma la mancanza di riconoscenza non è dovuta solo all'invidia. Ogni volta che noi facciamo per un altro qualcosa di più del dovuto, mettiamo sempre in moto dei meccanismi che possono essere positivi e negativi. Prendiamo l'esempio più semplice, quello del dono. Il dono, anche se fatto nel modo più disinteressato e generoso, crea quasi sempre il bisogno di ricambiare. E se io esagero in generosità posso mettere l'altro in imbarazzo perché non sa come ricambiarmi e si domanda cosa voglio in cambio da lui. Vi sono però persone che reagiscono nel modo opposto. Se voi fate loro dei doni o le aiutate, lo considerano un dovere da parte vostra e, se smettete di farlo, vi criticano e vi accusano. In tutti i casi il risultato della vostra generosità sarà la mancanza di riconoscenza.
Perciò quando decidete di fare un dono a qualcuno, o di aiutarlo quando ha bisogno, o di far sì che possa realizzare le sue potenzialità, tenete presente che lo dovete fare solo per ragioni morali, perché lo ritenete giusto, senza aspettarvi nulla in cambio. Se poi l'altro vi ricambierà con la fedeltà e la riconoscenza considerate questo suo comportamento solo il dono di un animo generoso.
Ma la mancanza di riconoscenza non è dovuta solo all'invidia. Ogni volta che noi facciamo per un altro qualcosa di più del dovuto, mettiamo sempre in moto dei meccanismi che possono essere positivi e negativi. Prendiamo l'esempio più semplice, quello del dono. Il dono, anche se fatto nel modo più disinteressato e generoso, crea quasi sempre il bisogno di ricambiare. E se io esagero in generosità posso mettere l'altro in imbarazzo perché non sa come ricambiarmi e si domanda cosa voglio in cambio da lui. Vi sono però persone che reagiscono nel modo opposto. Se voi fate loro dei doni o le aiutate, lo considerano un dovere da parte vostra e, se smettete di farlo, vi criticano e vi accusano. In tutti i casi il risultato della vostra generosità sarà la mancanza di riconoscenza.
Perciò quando decidete di fare un dono a qualcuno, o di aiutarlo quando ha bisogno, o di far sì che possa realizzare le sue potenzialità, tenete presente che lo dovete fare solo per ragioni morali, perché lo ritenete giusto, senza aspettarvi nulla in cambio. Se poi l'altro vi ricambierà con la fedeltà e la riconoscenza considerate questo suo comportamento solo il dono di un animo generoso.
Ci ho pensato. Il concetto del "peso insopportabile della riconoscenza" intriga moltissimo.
Ad onor mio, devo ammettere che da tale vizio sono immune. Pur zeppo di difetti, non conosco o quasi invidia e mi piace manifestare espressamente gratitudine. Ne faccio un punto d'orgoglio persino, forse proprio perché detesto chi non lo è, chi gode del buon cuore altrui e poi se ne fa un baffo. Anzi, il prossimo post lo dedico alle persone (ad alcune persone) a cui sono grato.
Foto by Leonora
2 commenti:
Ti voglio raccontare un'esperienza personale che solo pochi sono a conoscenza, magari qualche collega resterà scandalizzato. Anni fa ero in servizio nella nostra città, e alternando i turni mi toccava espletare anche quello notturno. A metà notte mi veniva una fame incredibile così da casa mi portavo un panino e una bibita, che normalmente, salvo imprevisti e rogne varie, mangiavo verso le tre del mattino. Mi fermavo quasi sempre in piazza Cavour in quanto dopo mi lavavo le mani alla fontanella del dragone. Stavo addentando un bel morso al mio panino sotto lo sguardo schifato del collega che mi diceva "ma come fai ad avere fame alle tre del mattino?" quando mi accorsi che un barbone poco distante mi guardava immobile, mi sono sentito "egoista" e così mi sono avvicinato a questa persona porgendogli il mio panino. Lo prese e con un timido grazie lo addentò con foga.
Il barbone, una persona particolare, non dava fastidio a nessuno, non chiedeva nulla a nessuno, viveva la sua vita all'ombra della città. Di giorno dormiva vicino ad una panchina antistante il Tempio Voltiano e di notte camminava. Da allora quando facevo il turno notturno preparavo tre panini uno per me e due per il barbone che chiamavo il "Giovanni". Alle tre mi aspettava in piazza e mangiavamo il nostro panino assieme, sotto lo sguardo del collega di turno.
Durante il giorno se lo vedevo in giro, ogni tanto gli allungavo un pacchetto di sigarette qualche spicciolo e un sacchetto con dei miei vestiti che non usavo più. Solo una volta gli chiesi perchè dormisse di giorno e camminava di notte, mi rispose tra un morso e l'atro che durante il giorno poteva dormire in sicurezza in quanto c'erano tante persone in giro e la notte, per scaldarsi e non farsi derubare da disperati come lui delle poche cose, camminava.
Il Giovanni appena mi vedeva mi avvicinava con lo sguardo basso e tutto sommato io a quella persona gli volevo bene senza un perchè.
Ciao Giorgio fai tu le dovute correzioni, in quanto la mia penna non è come la tua.
@ Natale: la penna va benissimo. Credo che dovresti esser grato al 'Giovanni', perche' nella sua poverta' ha fatto sentire ricco e generoso te...
Posta un commento