mercoledì 10 agosto 2011

Tiziano Terzani e il sogno congelato



Stamattina ho messo i piedi sulla scrivania. Come va di moda nei telefilm americani anni Settanta e talvolta alla postazione del mio collega, Ferrari.

L'ho fatto non per supponenza, bensì perché ero in redazione di buon ora e a star curvo, sulla sedia, a leggere i giornali, mi ero incriccato la schiena. Così mi sono guardato in giro, e non essendoci ancora nessuno, zac, mi sono messo nella posizione di Lou Grant, pur se mi mancavano bretelle e sigaro. Però si stava bene. Ho messo le cuffie dell'iPod (quelle invece non le aveva Lou Grant) e mi sono letto da cima a fondo un lungo articolo di Bernardo Valli, che racconta Tiziano Terzani, pregandone di ricordarlo per ciò che era, uno scrittore e un giornalista eccezionale, ma non un guru.

Sono d'accordo, anche se Bernardo Valli del mio parere può tranquillamente farne a meno, dormendo lo stesso sereno. Ho avuto la fortuna di leggere e innamorarmi di Terzani anni e anni prima che scoprisse di essere malato, quando era ancora un cronista duro e puro. Ricordo che ero sposato da poco e passai un'intera estate leggendo tutti i suoi libri, dal primo all'ultimo. All'ultimo no, me ne mancava uno. Non ricordo quale (credo "Pelle di leopardo"), ma so che lo comprai e - improvvidamente sazio - lo lasciai sullo scaffale in bella mostra, a lungo, ripromettendomi di riprenderlo in mano presto. Non l'ho mai fatto. Di Terzani avevo spremuto tutto. Non ciò che poteva darmi, bensì che potevo ricevere io. I libri che ha pubblicato in tempi più recenti li ho letti sì, ma con maggior distacco. Uno addirittura l'ho lasciato a mezzo. Ma ormai mi conosco, so che maturerà una stagione in cui avrò la brama di riprenderlo, così come quello che su di lui ha scritto il figlio e quelli che mi sono piaciuti di più: "Un indovino mi disse", "Buonanotte signor Lenin" e "In Asia". Lo farò il giorno in cui ricorderò di aver fatto una promessa, allora che ero giovane ma già aspettavo un figlio ed avevo una famiglia che contava su di me e non potevo assecondare il desiderio anch'io di partire, di andare e raccontare, senza fare il furbo. "Se non posso farlo ora - giurai - lo farò quando i miei figli saranno grandi, quando non avrò un padre e una madre che mi vogliono a fianco".

Quel giorno è tuttora lontano, eppure, in cuor mio, ci conto. Dopotutto il mondo è di coloro che hanno sogni da inseguire, pure se a volte li fanno dormire in un cassetto.

Foto by Leonora

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