A proposito di anni Settanta: amici di famiglia, capitati non a caso a far visita in questa domenica, mi ricordano che pochi metri più in là dell'Alimentari Baserga, c'era il Giordano.
Giordano Tettamanzi, calzolaio.
Una bottega senza vetrine e con una porticina affacciata dove la via era più stretta e non batteva il sole. Due locali in tutto, ombra fuori e polvere dentro, con odore di colla sintetica che deve aver contribuito non poco a porterselo via a cinquantanove anni compiuti, quel pezzo d'uomo del Giordano, grande e grosso e pelato. Aveva pure un mento imponente e teneva sempre sei o sette chiodi in bocca, mentre con la sinistra teneva suola e tomaia e con la destra batteva metodico il martello, alla luce tenue di un sola lampadina, di venticinque watt, polverosa anch'essa e perciò ancor più fioca. Non parlava, il Giordano. Al massimo mugugnava, pulendosi le mani nel grembiule nero e lercio, per dire sempre e soltanto tre o quattro cose.
Nell'ordine: "Un momento, che arrivo", quando entravi in negozio e mostravi di aver fretta, mentre lui imperterrito continuava per cinque, dieci minuti a finir quello che aveva iniziato. E più ti mostravi impaziente, più lui palesava calma in ogni gesto.
Il Giordano non aveva il senso della premura.
Poi: "Questo qui è vitello!" esclamato tenendo la scarpa tra le mani e curvandola fino a che il tacco toccava la punta. "Questo qui" era sempre "vitello", fosse pelle di armadillo, bue muschiato o cartone pressato.
Il Giordano non aveva il senso del tatto.
Ancora: "Questo qui è l'ultimo modello", sussurrato mentre soffiava via un dito abbondante di polvere, evidentemente accumulata in un decennio. E quando erano davvero "alla moda" era anche peggio. Fu così che un giorno degli anni Cinquanta, al bar Cooperativa, si ritrovarono in una dozzina con le stesse scarpe a punta tonda, color oro, acquistate in stock dal Giordano in quel di Cirimido, e rivendute per la festa della Madonna Bambina, con tanto di sconto. In paese non furono soltanto giaculatorie e preghiere quel giorno.
E se oggi "Il diavolo veste Prada", già allora, il Giordano, riusciva a fargli le scarpe. Ma non aveva senso estetico.
Infine: "Sono numeri grandi!" proferito ogni volta che chiedevi il 38 e lui aveva solo il 37. Perciò quasi sempre, per un immutabile legge per cui le scarpe presenti in bottega non avevano mai la dimensione del piede che le doveva calzare. Il socio di mio padre, l'Ambrogio, uno dei più grandi lavoratori che abbia conosciuto, passò tutto un inverno con le calze sottili, di cotone, patendo freddo e geloni, per non aver saputo obiettare nulla all'acquisto di un paio di scarponi troppi stretti, che avrebbero dovuto essere un 43, ma arrivavano a malapena al 42, però avevano "I numeri grandi".
Il Giordano non aveva neppure il senso della misura.
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