Proverbio Africano
Nell'ultimo arrivo massiccio di migranti, mi sono trovato di fronte a un dilemma teorico (teorico, poiché non avendo incarichi istituzionali o ruoli di responsabilità, fondamentalmente non avevo né ho potere alcuno).
Da un lato l'ipotesi di ospitare chi tende la mano senza chiedere nulla in cambio, smentendo così la convinzione secondo cui il lavoro è utile poiché dà dignità all'essere umano, ne soddisfa un bisogno di realizzazione personale.
Dall'altro l'opportunità di trovar loro un'occupazione, sfidando la magmatica burocrazia e soprattutto il rischio che venisse fatta concorrenza sleale, poiché non retribuita il giusto, con chi quei possibili lavori li svolgeva già per conto suo (penso alla manutenzione del verde, ad esempio).
La risposta che mi diedi allora e che considero tuttora valida fu questa: occorrerebbe "inventarsi" professioni, mestieri che ora non ci sono o che, se anche ci fossero, non otterrebbero facilmente nicchie di mercato.
Il "memorialista" ad esempio. Colui o colei che raccoglie in forma scritta o audio video i ricordi delle persone anziane. Oppure il cantastorie, il "raccontatore" professionista. O ancora Il censore di alberi. L'intrattenitore alle fermate del bus. Il giocoliere. Il lettore a domicilio. Il conversatore.
Tutti mestieri con un senso, con un valore, non un mercato. Perciò ancora più attraenti, davvero a misura di essere umano.
P.S. Sempre anni fa, partecipando a un incontro di orientamento per ragazzi e ragazze delle scuole superiori, l'interlocutore che avevo accanto disse che negli anni a venire sei mestieri su dieci sarebbero stati nuovi, non erano dunque ancora stati inventati. Mi sembrò un'esagerazione. Con il senno del poi ammetto che è vero, che aveva ragione. Quel mondo, lo riconosco, è diventato il mio.
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