Foto by Leonora |
Oggi ho voglia di scrivere due parole sulla morte. Per elencare gli unici due appigli che, quando ci penso, impediscono la caduta nella disperazione.
Il primo è una scommessa. Alla morte, alla sofferenza non fa eco il senso di nessun "perché". O si crede che tutto non finisce con questa vita o ci si dispera. Tra le ipotesi, io mi aggrappo alla prima, poiché è l'unico modo di non andare a fondo, di restare - nonostante tutto - a galla.
Il secondo è una constatazione. Nessuno rimane su questa terra. E' come un immenso fiume, fatto di miliardi di uomini e donne, e prima o poi ognuno giunge dove il corso dei suoi giorni, impetuoso o quieto che sia, incontra la cascata, il salto nel vuoto. Questa ineluttabilità, non so bene perché, mi rassicura. O forse il perchè lo so, posso immaginarlo. Della morte, infatti, tra i molti aspetti che spaventano c'è anche la solitudine del trapasso estremo. In quel momento, davvero siamo soli. Pensare almeno di non essere unici, di replicare dopo tutto un gesto da millenni ripetuto e che per millenni, se siamo fortunati, si ripeterà.
6 commenti:
Al secondo appiglio mi ci aggrappo anche io e ti rigrazio per avermelo lanciato.
Purtroppo il primo non riesco proprio a raggiungerlo.
Ma è già qualcosa!
Già, è qualcosa. Grazie a te.
Un modo di dire delle nostre parti dice: "Da giuvin na mor tanti, ma da vecc na resta minga" (di giovani ne muoiono tanti, ma di vecchi non ne restano) ... dovremmo recuperare un po di saggezza popolare ;)
Anche per me tutto non finisce con questa vita. E' un eterno fluire, estremamente affollato. :-*
Posto qua altrimenti sembra che mi faccio pubblicità :)) comunque su questo tema ho appena postato ( la religione di un ateo) e mi interesserebbe un tuo commento (se ti va)
Andrea
@ Andrea: grazie! Lo leggerò volentieri e ti darò un parere. Con calma, perché sono giorni di grande affanno per me e non voglio esser banale nella risposta (poi magari lo sarò lo stesso, ma non per la fretta almeno...)
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