Pure questo è uno dei molti incontri che ricordo vagamente o niente affatto. Tuttavia, nel rileggerli, comprendo di essere stato davvero ispirato, confermando la regola che più il personaggio è schivo, più occorre per chi lo intervista spirito indagatore, desiderio di cogliere l'essenza, il punto dritto ma anche il rovescio. Per questo, ne sono certo, è uno degli articoli che ad Adolfo, colui che volle fortemente questa galleria di personaggi, sarebbe piaciuto, mentre sono curioso di sapere se un briciolo di vero lo ritrovano i molti studenti del Gallio che lo hanno avuto per insegnante o preside.
A Villa Guardia, in una scuola che sormonta un prato incolto e una spianata di polvere e ghiaia, il tempo si è fermato. O forse, più semplicemente, siamo noi ad essere tornati indietro. In un fazzoletto di terra, una nuvola di ragazzini insegue un pallone. A far da arbitro, un prete. Padre Mario Testa, l'altro ieri come trent'anni fa. Cambiano gli attori e lo scenario, non il copione.
Un uomo basso, robusto, con una capoccia di dimensioni notevoli, che rende onore al cognome.
Un prete vestito da prete, un Padre che si comporta da padre. Una vita spesa nella scuola come educatore, insegnante, preside, persino rettore, ma con lo stile, la semplicità e anche la praticità di un parroco.
Un'intuizione raccolta quando ci è venuto incontro e di cui ci siamo convinti una volta accomodati nel suo studio, valutandone l'arredamento e verificando a spanne la posizione dell’ufficio.
Per mezz'ora abbiamo rinviato di approfondire l'argomento, ma prima di congedarci, con la meticolosità dell'investigatore che vuol dare fondamento a un giudizio che si è già fatto, gli abbiamo domandato: "Questo è sempre stato l'ufficio del preside oppure lo ha scelto lei"?
Di aver colto nel segno lo abbiamo compreso prima ancora che egli proferisse parola, scorgendogli agli angoli del volto un accenno di sorriso.
«No, prima che arrivassi la presidenza era sopra, accanto alla segreteria. Sono stato io a volerla spostare».
Un locale alto, al pianterreno, sistemato proprio a fianco dell'ingresso. La porta sempre aperta («Così i ragazzi spiano, entrano, curiosano, mi parlano, si sentono insomma a loro agio»). Come quella di un buon parroco, appunto.
Soltanto che i fedeli della sua parrocchia non superano mai la giovane età. Per fortuna, non per disgrazia.
Se l'avessimo conosciuto prima, potremmo precisare se in questi anni, da quando ha lasciato il Collegio Gallio di Como per assumere la direzione dell'Istituto Santa Maria Assunta di Villa Guardia, è fisicamente cambiato. A naso, giureremmo di no, ma non possiamo mettere la mano sul fuoco. Azzardo che invece sottoscriveremmo se si trattasse di scommettere sul fatto che egli abbia conservato un carattere equilibrato, discreto e paziente. Qualità preziose quando si vive gomito a gomito con schiere di bambini e adolescenti.
«Io cerco di stabilire con loro un rapporto di confidenza e di fiducia. Credo di essere autorevole, ma non autoritario, puntando più sull'esempio che sulle parole».
Il pensiero di diventare sacerdote Mario Testa cominciò ad averlo cinquant'anni fa.
«I miei genitori erano operai, abitavamo a Mantegazza, vicino a Rho. Poco distante da noi sorgeva il seminario dei padri Somaschi e dopo il mio decimo compleanno chiesi a mia madre di iscrivermi. Quando tornò a casa, dicendomi che aveva fatto ciò che le avevo chiesto, per un istante mi si bloccò il cuore. Non fu un pentimento. Piuttosto mi resi conto, quasi fisicamente, che l'infanzia spensierata stava per finire. Eppure, in tanti anni non c'è mai stato un istante in cui abbia avuto un solo ripensamento su quella mia decisione».
In seminario, a Corbetta, nei pressi di Magenta. Poi a studiare a Camino Vercellese, a Genova e infine teologia a Roma. Ricevuto il sacramento dell’Ordine, il primo incarico gli viene assegnato a Milano, ma è intorno a Como che si declina la sua missione educativa.
«Al Collegio Gallio arrivai negli anni '60 e in tanti anni mi sono occupato davvero di un po’ di tutto. Nel 1976 fui scelto per succedere a padre Pigato come preside del Liceo Classico».
Non è facile sostituire un monumento. Se anche ci si abitua al piedistallo, il rischio di cadere è sempre alto. Non gli è capitato. Anzi, dicono che il meglio di sé padre Testa lo abbia dato da rettore, quando ha saputo gestire il Collegio con sapienza. La stessa accortezza che egli ha usato a Villa Guardia.
«Quando le suore del Buon Pastore si sono fatte da parte, ho seguito personalmente le trattative per subentrare e i superiori hanno poi deciso che fossi io a iniziare il cammino. Sono stato fortunato, poiché il corpo insegnanti era di spessore. Gli unici aggiustamenti li ho dovuti dare alla struttura».
Spostando il suo studio, ad esempio. Ma anche usando quello spirito di iniziativa che il Signore, evidentemente, gli ha portato in dono.
Perché padre Testa guarda al cielo, non scordando però di tenere i piedi ben saldi per terra. Continuando a cimentarsi con gli affari di questo mondo e soprattutto non scordando mai che l'educazione dei più piccoli è in cima alla sua missione.
«Le esigenze dei ragazzi sono sempre le stesse, anche se si manifestano in maniera diversa, più esuberante, più vivace. Ma ciò che li muove, ciò che cercano non è mutato: essere rispettati come persone, poter contare su tranquillità e valori su cui fondare la propria vita».
"Uscire con prudenza" recita un’iscrizione sul lato interno della colonna che sostiene i battenti del cancello dell'istituto. Dal lato opposto, chi arriva dalla strada maestra può notare una targa con un cerchio rosso sbarrato di bianco e la frase: "Divieto di accesso, proprietà privata". Cartelli qualsiasi, niente di anormale, dunque. Tuttavia non ci saremmo stupiti se lui avesse fatto stampare qualcosa di simile a "Entrate con speranza" e "Uscite con coraggio". Due motti che non avrebbero stonato. E se anche padre Testa di suo pugno non li ha scritti, è ciò che generazioni di ragazzi in quest'angolo di mondo hanno certo da lui imparato. Dio gliene renda merito, gli uomini pure.
28 maggio 2000