martedì 25 dicembre 2007

"Confidare" in un buon Natale


Debbo delle scuse a chi mi segue (sì, dico a voi tre!) e anche a me stesso, per aver trascurato questo blog nell'ultima settimana. Per me sono giorni tribolati, con problemi famigliari (non mi piace chi si piange addosso, ma me ne sono capitate di tutti colori: se andassi a Lourdes, tanto per intenderci, credo troverei un cartello con la scritta: "Chiuso". Comunque nulla di grave, tutto che può passare, tranne la malattia di mio padre) a cui si aggiungono preoccupazioni professionali (se ne avrò occasione, ne scriverò).
Debbo delle scuse, ma soprattutto spero che per tutti sia stata un buon Natale. Dopo tutto, lo è stato anche per me.
Seppur in ritardo, vorrei lasciare in dono a chi passa di qui un pensiero: una poesia scritta da Antonia Pozzi l'8 dicembre del 1934. Si intitola: "Confidare" e la trovo bellissima.


Ho tanta fede in te. Mi sembra

che saprei aspettare la tua voce

in silenzio, per secoli

di oscurità.

Tu sai tutti i segreti,

come il sole:

potresti far fiorire

i gerani e la zàgara selvaggia

sul fondo delle cave

di pietra, delle prigioni

leggendarie.

Ho tanta fede in te. Son quieta

come l'arabo avvolto

nel barracano bianco,

che ascolta Dio maturargli

l'orzo intorno alla casa.



mercoledì 19 dicembre 2007

Futuro giornali (work in progress)


Ieri, su Second Life, alla UnAcademy, si è tenuto un dibattito che se non fossi obiettore di SL (scelta non ideologica, bensì di stile: non sono ancora pronto a vestire un omino virtuale e pensare che sia io) non mi sarei perso per nulla al mondo.

Gaspar Torriero e Carlo Felice Della Pasqua hanno discusso del futuro dei giornali.

Spero che i commenti e i resoconti siano numerosi.

Li aggiungerò per comodità qui, nell'ordine in cui li ho scovati.


  1. Gaspar
  2. Andrea
  3. Gaspar 2

martedì 18 dicembre 2007

La scimmia sia con voi


"Ma tu, con queste cose sei veramente esaltato"!
Oppure: "Hai ancora questo trip per internet, i blog"?

Cronaca di uno sbigottimento diffuso, quello che di solito provano gli altri mentre io parlo di ciò che mi interessa: delle potenzialità della rete, delle risorse del web, delle opportunità che si creano.

Ora, non avendo ancora optato per un vestito di peli di cammello e continuando a tener rasata la barba giorno dopo giorno, convinto anche da un'ulteriore controllatina allo specchio, escludo la prima ipotesi: che abbia assunto le sembianze di un santone, intento soltanto ad annunciare il "verbo". debbo dire di tampinare ogni essere umano - conosciuto o estraneo - che mi cammina a fianco, rimpinzandolo di chiacchiere su questo o quel prodigio tecnologico. mi vesto come Bill Gates, con quel fare da eterno universitario secchione e trasandato, jeans larghi e maglietta o maglione scelti a caso, da un cassetto (provaci ancora Bill, a vestirti elegante affidandoti a un algoritmo!).

Mi sento normale, insomma. Lo stesso di prima, se mai un prima c'è stato.
Internet mi piace, la comunità virtuale mi affascina, così come la capacità ogni giorno di imparare cose nuove, di relazionarmi con persone che stimo, di conoscere meglio amici (poiché ormai tali vi considero: amici), lungi però da me l'idea di qualsiasi fondamentalismo.
Non sono l'Osama Bin Laden della connessione wi-fi!

Certo, quando parlo dei blog, della rete, metto entusiasmo. Esattamente come per la Juventus, la politica, le belle donne, i libri, i figli, il pollo e gamberi di Andrea e altri cento interessi che mi fanno sentire vivo.

In questi tre mesi, oltre ad aver aumentato la mia autostima per i progressi fatti nella costruzione di qualcosa che prima era arabo, attraverso la rete ho conosciuto persone splendide, che posso seguire passo passo. Ed è questa la differenza tra un'infatuazione e un contagio (come quello dei giochi da play station) e il semplice ampliamento della propria rete relazionale attraverso l'utilizzo di nuovi strumenti.
Ne parlo spesso, è vero, e forse alzo leggermente il tono della voce, forse aumentano impercettibilmente i battiti cardiaci, forse persino gli occhi un poco mi si illuminano. Ma non sono, non mi sento un esaltato.
Per usare in "fa minore" un'espressione evangelica: ho trovato il tesoro in un campo e, se mi capita, mi piace raccontarlo.

Qualcuno capisce, molti ammiccano, qualcuno cambia discorso, altri ostentano indifferenza, c'è pure chi pare in imbarazzo. Perciò mi ha fatto piacere che un collega, Paolo Moretti, che a brevissimo lascerà il "Corriere di Como" per "La Provincia", senza bisogno che parlassimo per ore, è venuto a conoscenza del blog mio e di quello di Mauro e se n'é creato uno. "Fanculo" ci ha appena scritto, accusandoci di avergli fatto venire "la scimmia del blog".
Tranquillo, caro Paolo. La scimmia a breve se ne andrà e resterà tutto un mondo attorno.


domenica 16 dicembre 2007

L'urlo (loro) e il furore (mio)


Sto finendo il libro di De Biase (“Economia della felicità”) che ho letto con calma e tra un paio di giorni scriverò cosa ne penso.
Intanto mi gusto questa domenica, fatta di impegni uno sopra l’altro, con nel bel mezzo, alle 12 in punto, il derby di basket tra Cantù e Milano.
Lasciamo perdere (e non è un verbo scelto a caso) il risultato, vorrei sottolineare piuttosto un aspetto di cui non mi capacito: l’insulto all’avversario.

Ci deve essere qualche significato atavico o qualche tarlo nella mappa del cromosoma umano in colui o colei che per tutta la partita, con insistenza e pervicacia, con metodo e ostinazione, sbraita e urla contro questo o quel giocatore avversario o allenatore o arbitro o tutti e tre messi assieme, compreso mamme, zie, nonne fino alla quarta o quinta generazione. Magari è un fenomeno dovuto alla rabbia e alla frustrazione accumulata per tutta la settimana, che in tranquille casalinghe e madri di famiglia, così come in canuti impiegati, fa scattare una molla malsana, accecando ragione e ogni traccia di pudore. O forse, semplicemente, si tratta di stupidità e, come tale, è esentata dal dover fornire spiegazione alcuna: la si ha, punto e basta.
Da venti anni esatti, ormai, frequento la tribuna stampa del Pianella, alle spalle della quale ci sono le poltroncine numerate, e non ricordiamo una partita che sia una senza che qualcuno alle nostre spalle si alzi e riempia di contumelie un malcapitato. Spesso due o tre, addirittura.
Oggi, ad esempio, c’era una coppia che a Baldi e Coldebella, ex giocatori di Milano, rimasti in società in qualità di assistenti ala panchina, ha fatto pelo e contropelo, con toni da scimmia urlatrice e contenuti che avrebbero scandalizzato i portuali delle Cayenne, se fossero passati da quelle parti.
I cori dei tifosi organizzati, lo confessiamo, ci sorprendono meno, poiché il popolo spesso sa essere bue e nella massa anche i vigliacchi fan la voce grossa. Ci inquieta più l’improperio del cittadino privato (privato di tutto, specie dell’intelletto). Perché lo fanno? Non si vergognano? Se ne vantano, persino? Per le risposte, accetto di tutto - anche in forma anonima - tranne l’insulto. Per oggi almeno, le mie orecchie hanno già dato…

venerdì 14 dicembre 2007

Dietro la notizia



Chiedo scusa per l’assenza prolungata, ma “mala tempora currunt” (che non sono un gruppo sardo).
Sono debitore, in particolare con gli amici del PolentaBlog, che meriterebbero più ampio commento, e a Maria Luisa, che mi ha convinto con le sue tesi a commento di un mio precedente post, su regole, rispetto della legalità e coscienza professionale. Non mancherò di riprendere i fili spezzati, in futuro.
Ora, invece, ho a cuore un pubblico ringraziamento, ai miei colleghi, che lavorano con me, fianco a fianco.
Per spiegarne le ragioni, preferisco un esempio, cioè raccontare la parte finale della giornata di ieri, con ciò che è accaduto in redazione e nel tg non si è visto.

Ieri è stata una giornata difficile. Uno di noi quattro, Marco Romualdi, era in tribunale, a Milano, per seguire il processo d’appello a Sonya Caleffi, l’infermiera di Tavernerio (Co), accusata di aver causato la morte a numerosi pazienti, tramite iniezioni d’aria. A Mauro Migliavada e Manuela Brancatisano toccava tutto il resto, cioè più o meno una mezza notizia di notizie a testa. Poco dopo le 18 è scattato l’allarme: omicidio in Via Polano, a Como.
Non starò ad elencare per filo e per segno quanto avvenuto dietro le quinte del tg. Basti sapere che Manuela, dalla redazione, ha preso la sua macchina e si è recata sul posto, precedendo di qualche minuto il nostro operatore tv. Mauro Migliavada, che era a colloquio da un avvocato per verificare un’altra notizia è rientrato per aiutare il sottoscritto nel completare le altre notizie e adempiere alle “pratiche procedurali” necessarie per mandare in onda un tg. Meno di un’ora dopo, alle 19.05, mentre Manuela con i colleghi di Corriere di Como, Provincia e Giorno cercava di raccogliere il maggior numero di informazioni sul caso, lo stesso Migliavada prendeva la moto per andare sul luogo del delitto, ritirare la cassetta DvCam audio/video con le prime (inquietanti) immagini, tornando appena in tempo per infilarsi giacca, camicia e cravatta (non in quest’ordine, ovviamente) e andare a condurre il telegiornale. Alle 19.31, cinque secondi dopo la sigla Manuela era già in diretta telefonica, con le prime notizie sull’omicidio. Tre minuti dopo toccava a Marco collegarsi telefonicamente, per dare i dettagli del processo a Sonya Caleffi, di ritorno da Milano. Lo stesso Marco (che più di tutti noi è esperto di cronaca nera e giudiziaria) prima delle 20 era già in Via Polano, sul luogo del delitto, per dare il cambio a Manuela, riuscendo a intervistare, un paio d’ore più tardi, quando tutti gli altri giornalisti erano già tornati in redazione per scrivere gli articoli, il fratello della vittima, e poi collegarsi al telefono di nuovo in diretta tv, per dare gli ultimi aggiornamenti, in tempo reale, sull’intera vicenda.Qui non si tratta di prendere premi o di pretendere riconoscimenti: i miei colleghi hanno fatto il loro lavoro, facendolo bene, come sanno fare. Li stimo proprio per questo. Semplicemente, volevo dirlo.

martedì 11 dicembre 2007

Flash Gordon e il futuro (rosa) della pubblicità on line


Oggi nessuna domanda esistenziale. Spariglio le carte per parlare di un argomento che riguarda il mio lavoro (l'informazione) e in particolare la pubblicità.
La questione è contenuta in due post (1 e 2) di Gaspar, che a sua volta riprendeva un quesito che si poneva Zephoria, sul fatto che pochi o nessuno clicchino sui banner della pubblicità on line.

Un argomento che ieri gli inserti economici delle due principali testate italiane, "Corriere della Sera" e "Repubblica", riprendono con notevole evidenza ed opposti orizzonti.
Se infatti Repubblica, a pagina 27 di "Affari & Finanza", riporta in un articolo la scelta del colosso Procter & Gamble di spostare buona parte delle risorse dell'advertising dalla tv al web (una decisione strategica, secondo il loro responsabile marketing, Jim Stengel), il Corriere della Sera, a pagina 29 di "CorrierEconomia" riporta un articolo di Francesco Margiocco, dal titolo: "Web, pubblicità senza pubblico", con sottotitolo: "Cresce l'investimento per le campagne on line. Peccato che nessuno apra i banner".
Non solo due articoli, ma pure due tesi in contrapposizione evidente.
Senza pretese di scientificità, riporto un parere personale.
Da utente, infatti, non clicco mai su un banner, ma a differenza della tv, non posso evitare di vederlo, con tutti i meccanismi psicologici e comportamentali che ne derivano.
Se fossi un investitore pubblicitario, dunque, non mi preoccuperei del fatto che poche persone clicchino, bensì di quante persone vengano a conoscenza del mio prodotto, semplicemente vedendolo comparire, come una normale pubblicità.
Ecco perché, più che l'opportunità di approfondimento e di interazione che garantisce il web, punterei sull'istantaneità, sull'immediatezza del messaggio e commissionerei uno spot "inevitabile" (non puoi fare a meno di vederlo), "breve, se non brevissimo" (due, max tre secondi) e che soprattutto rimandi a una "sensazione", più che a una "informazione".
Velocità ed emozione, insomma. Come i fumetti di Flash Gordon.
Ieri, aprendo il sito di Repubblica, sono incappato in una pubblicità della Microsoft che aveva queste tre caratteristiche. E ho realizzato perché tale forme di pubblicità hanno un presente e, ancor più, un futuro.

lunedì 10 dicembre 2007

Good bye stranger


In giorni affannati, riporto ed estendo una domanda che mi è stata posta ieri e a cui non ho saputo trovare risposta.

L'antefatto: mia sorella sta redigendo una tesi sulla compresenza nelle scuole materne di bambini italiani ed extracomunitari. Per realizzarla ha intervistato gruppi di genitori, tra cui anche il sottoscritto. Ieri ci siamo trovati, attorno a un tavolo, tre papà e due mamme di nazionalità italiana, un papà nato negli Stati Uniti, una mamma e un papà provenienti dal Marocco.

La domanda a cui non è saputo rispondere è questa: "Chi è per te lo straniero?".

Già, chi è per me? E per voi?

venerdì 7 dicembre 2007

Thanks and Help


Tra i "misteri della fede", come li chiama Alessandro, c'è anche il fatto che Blogger oggi compare solo in lingua inglese.

Poco male, rimango allenato. Per gli amici più intimi, annuncio che sto radicalmente trasformando il modo di relazionarmi attraverso la rete. Grazie al consiglio di Frenz, che voglio ringraziare pubblicamente anche a nome di Mauro, ho scoperto Netvibes. E ora sono in grado anche di interpretare lo sguardo tra l'incredulo e il compassionevole che durante il pizza blog mi aveva rivolto Gaspar, quando gli spiegavo che a me dei feeds interessava poco, poichè i blog che mi interessavano li controllavo con i "preferiti". Ora che, passando per Bloglines (una settimana di utilizzo), sono approdato a Netvibes e sovraintendo dall'alto alla mia vita on line come il mitico Osservatore dei "Fantastici Quattro" (che non ho trovato in alcun immagine sul web, per cui ho messo quella dell'ultima versione dei Fantastic Four), mi sento sostanzialmente soddisfatto. Con Netvibes, in una sola pagina, controllo da qualsiasi postazione, posta elettronica, blog, notizie e un universo mondo, con una facilità di esecuzione imbarazzante anche per una capra qual è il sottoscritto.

Già che ci sono, abuso della sapienza dei miei visitatori (suona meglio in italiano che in inglese "Visitors") e chiedo consiglio per due questioni pratiche che mi arrovellano.


Primo: voglio fare per casa un abbonamento flat, che mi consenta telefonate urbane e interurbane e collegamento a internet senza limiti. Attualmente per telefonare uso Tele2 mentre per internet ho Alice a tempo. Sono indeciso se aderire all'offerta flat Tele2, con internet a 2 mega (costo sui 36 euro/mese) o Alice con internet a 7 mega (costo sui 46 euro/mese). C'è qualcuno che ha consigli o suggerimenti?


Secondo: vorrei acquistare un telefono cellulare che mi faccia anche da mini computer e abbia questi requisiti: tastiera completa e comoda per poter scrivere articoli, possibilità di connessione WiFi.

Il modello che ho in mente è il Nokia E61, ma sono interessato anche a modelli che abbiano la tastiera "estraibile" (si dice così) tipo questo che però costa assai?

Anche in questo caso, chi ha suggerimenti e consigli è bene accetto.

P.S. Ora che ho scritto questo post mi rendo conto che ha ragione De Biase, laddove nel suo ultimo libro scrive che le persone acquistano soprattutto in base al passaparola tra amici e ai rapporti di fiducia che si creano.

mercoledì 5 dicembre 2007

Il velo sollevato


Proseguendo nella serie "I post più pesanti del mondo" (temi grevi, lo so, ma a cui non so rinunciare) vorrei proporre pochi pensieri sull'argomento "Giustizia e informazione" lanciato da Mauro in un suo post, anzi in due.
Premesso di non avere verità in tasca e dichiarando di esser disposto a cambiare opinione, se le tesi altrui mi convincono, sostengo che in un mondo cambiato anche le regole debbano cambiare.
Mi spiego. Prendiamo le intercettazioni telefoniche. Per me non dovrebbero essere rese pubbliche, almeno fino al momento del processo.
Poco importa che riguardino Berlusconi o D'Alema, Fazio o Fiorani, Azouz Marzouk o Moggi.

In un libro di Ravasi viene citata una frase tratta da "La vita in fiore" di Anatole France: "Non ho mai aperto una porta per errore, senza scoprire con sorpresa uno spettatore che mi ha fatto provare per l'umanità pietà o disgusto oppure orrore".
"Se alzi il velo sulle vicende umane, scopri tali miserie da rimanere abbacinato" commenta Ravasi ed è difficile dargli torto.
Dico spesso ad amici e parenti, che pur mi conoscono bene, che se dovessi essere intercettato potrebbe aprirsi un baratro tra ciò che reputano di me e l'immagine riflessa dai colloqui al telefono, soprattutto se si considera che la trascrizione letterale non può riportare tutti gli elementi del parlato (se il tono era serio o scherzoso, se quella tal frase era accompagnata da una risata o da un ghigno, ad esempio) e, ancor peggio, una frase estrapolata dal contesto che l'ha originata può apparire con un significato diverso se non opposto a quello reale.

Che lo strumento delle intercettazioni sia utile ai fini dell'indagine è innegabile, tuttavia pubblicarle (su un giornale o in televisione, ma anche su un blog) non è soltanto scandaloso, bensì aberrante, poiché il giudizio viene dato in anticipo, senza possibilità di difesa alcuna, e confondendo quasi sempre la sfera penale con quella morale.
Impedirlo mi sembra il minimo, per un paese che si dice civile.

Poi ci sarebbe da discutere anche sulla possibilità di rendere pubblici gli atti di un processo (comprese le intercettazioni) mentre il dibattimento è in corso. In questo caso il contrasto di colori tra i pro e i contro è meno netto, perciò prendo del tempo.

lunedì 3 dicembre 2007

Problem solving all'amatriciana


Per un mistero che dal basso della mia ignoranza non riesco ancora a spiegare, il post precedente non dà modo di fornire alcun commento.
Pur sapendo che nessuno si straccerà le vesti per questo e non negando l'ipotesi che di commentare quanto scritto non interessi nessuno (anzi uno c'é, colei che mi ha segnalato il disagio) chiedo scusa e aggiungo questo post, per quanti vogliono dir la loro.


Premessa d'esperimento


In vita mia ho avuto la fortuna di realizzare decine di interviste, a volte dettagliate, in altre circostanze rapide quanto una battuta.
Sempre mi sono trovato a pensare questo: cosa conosco realmente della persona che mi sta di fronte? Poco; spesso nulla. Se si tratta di un personaggio pubblico, qualche cenno di biografia, qualche opinione altrui, qualche pregiudizio. In molti casi, neppure quello.
Ecco perché, con il passare degli anni, oltre a racimolare informazioni attingendo a canali differenti, ho cercato di sviluppare un “sesto senso” per cogliere, al di là del detto/non detto, qualche tratto essenziale della persona che mi sta di fronte.
Cospargendomi il capo di cenere e chiedendo scusa a priori per l’immodestia, credo che accanto ai miei numerosi limiti, quella sia una “sensibilità” da ascrivere tra le virtù.
Una “sensibilità” che, senza garanzia alcuna di cogliere la verità, pretende pure una condizione: l’incontro con la persona intervistata dev’essere diretto, possibilmente nel suo habitat, cioè la casa, l’ufficio. Niente telefono, né tanto meno mail o altro. Strumenti che possono aiutare per integrare un’intervista, non realizzarla.
Scrivo tutto ciò come premessa a un pensiero che facevo ieri e che riprende un concetto già espresso giorni fa, sulla possibilità che offrono i blog di conoscere qualcuno, in modo più intimo e profondo di quanto conosca in effetti alcune persone che considero amiche, conoscenti, colleghi.
Un’opportunità concreta, che tuttavia non prescinde l’importanza del contatto diretto, poiché ci sono cose che la comunicazione (quella scritta, ma neppure quella multimediale) riesce ad esprimere. Il messaggio, per usare una metafora, non racconta il messaggero. A volte aiuta, ma non basta.
Ecco perché, se avessi in mente di realizzare una rubrica sui blogger, raccontandoli attraverso ciò che nel loro blog pubblicano, e volessi farlo non peccando di eccessiva superficialità, mi troverei di fronte a un bivio: limitarmi alla rete o partire da lì per uscir fuori, incontrando chi lo tiene di persona.
Non sarebbe male come spunto di partenza. Una sorta di “second life” e “first life”, per usare termini già abusati. E forse potrei partire dalla “second life”, la produzione on line, per tracciare un profilo, lasciando in sospeso o magari ad un secondo momento la curiosità dell’incontro personale e la verifica di corrispondenze e contraddizioni.
Nei prossimi giorni, mi piacerebbe farlo, poiché questo blog, oltre ad una sorta di diario, è anche il luogo del mettersi alla prova, del cimentarsi, dell’esperimento.Ci ho già pensato, ci penserò…

sabato 1 dicembre 2007

Due mesi, un giorno


Buon compleanno. Lo scriverei, ma di mesi questo blog ne ha soltanto due, portati bene o male secondo i punti di vista.
Certo l’avvenimento più importante, in questi ultimi trenta giorni, è stato il “pizza blog”, che ha avuto ampia diffusione di resoconti sia sul web, sia sulla locale carta stampata e che ha partorito l’aggregatore agognato (anche se a dir la verità, ce n’era già uno, pur di forma più spartana, ideato e realizzato dall’ideatore di “Vivere a Como”, il fantomatico Sir Percy).
Più sul personale, è stato il mese dei ritocchi (i “commenti, ad esempio, sono diventati “pensieri”, copiando il blog di Valentina) e degli aggiornamenti (i Feeds Rss), mantenendo però il filo rosso delle riflessioni, che vertono sul mondo della comunicazione on line, sui cambiamenti del mondo giornalistico e delle annotazioni più intime.
Sono fiero di me per i passi avanti (non molti), senza prendermela troppo per quelli che ancora non sono riuscito a fare. Temevo, iniziando questo blog, che l’entusiasmo iniziale via via scemasse, inaridendo il pozzo, come avviene anche in natura, quando è poco profondo.
Registro con soddisfazione che la media di un post al giorno è stata mantenuta, anche se rileggendone alcuni non c’è gran che da andarne fiero.
Pure i commenti (pardon, “pensieri”) sono aumentati di poco, ma questo è l’ultimo dei problemi. La forza della rete è nel network, nel fatto che ogni blog conta poche unità di visitatori fedeli, i quali tuttavia sono in contatto con pochi altri, in una ragnatela che risulta però infinita o quasi. E ricordo che questo blog rimane “derankirizzato”, cioè non mi importa quanti link genera, né che posizione occupa in Blogbabel. Semmai sono tentato di mettere un “contatore” di visitatori, poiché vengo dalla tradizione della carta stampata e a differenza dei moderni comunicatori, che valutano l’interesse suscitato con formule e algoritmi, io mi accontenterei di conoscere quanti “lettori” ci sono. Resisto alla tentazione, ma sono convinto che siano assai più di quanto io stesso immagini (illudersi non ha mai fatto male a nessuno).
Tutto sommato, questo blog è nato come un mettersi alla prova, come un esperimento e tale rimane. Nella più feconda tradizione del settore, resta un diario più o meno intimo, che segue non un interesse specifico, bensì il gioco di sponda dei fatti che mi capitano e dei pensieri che ne derivano.
Ringrazio di cuore tutti coloro che mi stanno vicino in questo viaggio. Grazie per l’attenzione, la comprensione e il pudore.