lunedì 28 aprile 2008

Facce da "U Brunzin"


Cronaca breve di una gita in Liguria (a Lavagna, per la precisione) con nota di merito per il ristorante ("U Brunzin") scelto da Loris, in base a questa recensione in Internet.

La recensione è perfetta. Chi si trovasse a passare da quelle parti e avesse voglia di assaggiare qualche piatto non da menù turistico, bensì da tradizione popolare italica, farebbe bene a farci una capatina.

Prezzo: 25 euro. Antipasto, due primi, un secondo, dolce e amaro, escluso però il caffè, che non viene proprio contemplato.
Unica controindicazione, se avete bambini, poiché anche a loro viene offerto tutto quel ben di Dio, e il conto ne risente (22 euro a bambino).
Risultato: io, che ho tre figli, ho mangiato per quattro.
Per dire quanto è appropriata la recensione poc'anzi nominata, due esempi.

Primo. Dopo l'antipasto, parlando dei primi, il cuoco con cadenza marcatamente ligure chiede ad alta voce ai bambini: "Bambini! Preferite una pasta buona buona con i calamaretti o la preferite al pomodoro?". I bambini, in coro unanime, gridando rispondono: "Pomodoro! Pomodoro! Pomodoro!". E il cuoco: "Benissimo, calamaretti per tutti!" e se ne torna in cucina.
Io, a uno così, gli farei un monumento. La pasta con i calamaretti era buonissima e non c'è stato un bambino che si sia poi rifiutato di mangiarla.

Secondo. Prima del dolce (un budino, questo sì non propriamente speciale, ma uguale uguale a quello che fa mia mamma, tanto che ne ho mangiati tre) Isabella guarda il medesimo cuoco: "Invece del budino, non è che c'é un gelato al limone?". E il cuoco, sorridendo sornione: "Certo, alla gelateria qua all'angolo, se vuole l'accompagno"...
Isabella, come tutti, s'è accontentata del budino.


Foto by Leonora

sabato 26 aprile 2008

Il grillo e il riccio


Noto che in questa tutto sommato piccola ma ben frequentata isola che sono i blog, il secondo Vaffa Day promosso da Beppe Grillo fa assai parlare, anche perché principale bersaglio del comico genovese (io mi ostino a giudicarlo tale) sono stati editori, giornalisti e più in generale il mondo dell'informazione in Italia.
Tra i blog che seguo quotidianamente, ne hanno parlato sia Mauro (non uno, ma due post), sia Gaspar (uno solo).
Pur se non richiesto, esprimo un parere personale: ben venga Grillo, anche che se non mi assomiglia per radicalità di concetto e temperamento caratteriale, ben vengano i suoi dubbi sulla effettiva libertà dell'informazione.
Premesso che non ho verità in tasca, premesso che chi conosce anche soltanto un poco della storia della stampa nazionale e internazionale sa che i problemi gravi di oggi non sono maggiori di quelli di ieri, ritengo che un "Grillo" parlante sia utile a prescindere, come direbbe Totò, e che il suo fustigare, instillando dubbi e denunciando storture sia il minimo che un paese civile possa permettersi se vuole continuare a definirsi tale.
Diffido delle chiusure a riccio e delle difese ad oltranza di una categoria. Preferisco che il dibattito ci sia, considerando sempre utile la voce fuori dal coro o quella che risponde con un contro canto.

Foto by Leonora

lunedì 21 aprile 2008

"Teniamoci visti"


Curiosando nel blog di Frenz, mi imbatto in un video di Paolo Valenti, che con strumenti artigianali ha allestito in casa sua uno pseudo studio televisivo e creato un programma intitolato "Wolly Show", schiacciando l'occhio (e forse anche qualche dito col martello) a Maurizio Costanzo.
L'intervistato di turno è Roberto Dadda, a cui ho dedicato un post qualche giorno fa. Qui trovate il video, interessante poiché si parla dell'evoluzione (o involuzione) dei blog. Scrivo "video" interessante, ma l'interesse attiene all'audio.
Ne prendo spunto per porre una domanda.
Possiamo dividere i blog in due categorie, una definibile come "cazzeggio" e l'altra come "formazione/informazione"?
Secondo me sì, anche se spesso i due generi si fondono, confondono, mischiano.
Seconda cosa. Il mio social network tramite Facebook si sta ampliando a vista d'occhio. Nonostante io non lo utilizzi affatto (in pratica, è come se mesi fa, quando mi sono iscritto, ci avessi messo una bandierina, tipo Armstrong sulla Luna, tanto per dire: io ci sono) ogni giorno si aggiungono amici, alcuni dei quali incontro tutti i giorni, altri che non vedo da un sacco di tempo.
Soltanto nell'ultima settimana, altri 4 contatti: Milan, un ragazzo che abita a Belgrado e che quando era piccolo, in fuga dalla Bosnia, visse con la mia famiglia qualche settimana; Zoya e Maya, due ragazze anch'esse di origine slava, ma che abitano in provincia di Como da un pezzo e che non hanno bisogno di complimenti perché la natura parla da sé; Armando, cugino di mia moglie Isabella, che dopo aver insegnato in alcune università d'Europa, ora lavora per una tra le maggiori società mondiali di consulenza finanziaria.

A conclusione di questo post sconclusionato (che risponde alla logica del "teniamoci visti", come soleva ripetere Gianni De Simoni, un vecchio direttore de "La Provincia" di Como), mi associo a quanto scritto Mauro a proposito della Sketchin, aggiungendo l'elogio a una persona che ne fa parte (Leonora) e che non finisce mai di stupirmi in quanto a bravura nel fare fotografie.
Io sarò di parte (di parte, ma neanche troppo, visto che Leonora l'ho incontrata una volta sola in vita mia e l'unica volta che le ho scritto una mail è stato per chiederle il permesso di accompagnare ogni mio post con una sua fotografia) però mi chiedo spesso: perché professionisti riescono a fare peggio, molto peggio, di lei con la macchina fotografica?

Foto (obviously) by Leonora

giovedì 17 aprile 2008

Paese reale


Avrei tante cose da dire sulla recente tornata elettorale. Ne scelgo una, che riguarda noi giornalisti e che trovo ben riassunta in un post di Alessandro Gilioli, de "L'Espresso". Gilioli, riflettendo su politica, società e mass media, dice tra l'altro:

"La realtà è che esiste un’Italia massiccia, lontana dal piccolo e chiuso mondo di chi parla e si parla sui giornali e in Rete: è un’Italia che non conosciamo e le cui reazioni ignoriamo, l’Italia degli operai del nord che votano Lega e dei siciliani che eleggono compatti Lombardo, l’Italia che si vede poco o nulla nei media ma poi tracima quando è chiamata a votare.
Ed è anche l’Italia a cui non fotte proprio nulla di Giuliano Ferrara, icona attorno cui invece si schiera - esaltandolo o maledicendolo - il piccolo e autoreferenziale mondo dei media".


E' questo paese che, senza pregiudizi, mi piacerebbe saper raccontare...

Foto by Leonora

mercoledì 16 aprile 2008

"Sindrome da primo bacio"


Tempo fa, chez Andrea Blog, si parlava di "guru" e io ho ammesso di non aver mai ritenuto tale nessuno. Ne rimango convinto, anche se vorrei segnalare una persona che, se ne contemplassi l'esistenza, potrebbe candidarsi.
Sto parlando di Roberto Dadda, un omone grande e grosso, con una voce da baritono che non risparmia un decibel neanche morire e, quando sussurra, rimbombano comunque i vetri attorno.
A vederlo nella foto del suo blog sembra il fratello intellettuale e anche un po' incacchiato del nonno di Heidi, ma nella realtà è rilassato e pacioso e di ottima compagnia, anche per il fatto che adora raccontare storie, specialmente in forma di aneddoto. Ad esempio, quello della sua prima mail, quando studiava a Stanford negli anni Settanta, io me lo sono già fatto raccontare tre volte (e da notare che, finora, in vita mia ho avuto la fortuna di incontrarlo soltanto due volte, per cui lo stesso aneddoto me lo devo esser fatto raccontare in un paio d'occasioni nella medesima serata).
Ad ogni modo, Roberto mi piace perché ha una certa età (57 anni) e ne ha vista di acqua passare sotto i ponti e, pur rimanendo aggiornato su tutto, non è facile all'infatuazione.
Proprio sulla facilità con cui un fenomeno viene enfatizzato, fino a "ritenere di trovarsi di fronte a una cosa speciale e assolutamente nuova" ("Sindrome da primo bacio") segnalo questo magnifico post dello stesso Dadda, che mi pare restituisca a Internet una dimensione meno "magica" e più reale.
Il succo è che, pur potente e affascinante, la rete è un mezzo, uno strumento e lasciandosi abbagliare da essa si corre il rischio di Daryll Hannah in "Splash. Una sirena a Manatthan", quando Tom Hanks le consegna un regalo e lei, che non ne ha mai visto uno, guardando il pacchetto e la carta colorata esclama: "Grazie, è bellissimo".
Foto by Leonora

martedì 15 aprile 2008

Trascinato per i (pochi) capelli


Raccolgo pensieri sparsi, per farne un mazzetto da lasciare per chi passa da qui.

Cominciamo dai "meme", che mi ricordano il professore di ginnastica alle medie (Emanuele Clerici, detto "Meme", appunto). Mi ha fatto l'occhiolino Andrea (gliene sono grato), mi hanno ammiccato Paolo e Luisa (sono grato anche a loro), tenta di tirarmi per la giacca Mauro (gliene sono grato meno :-). Il fatto è che io e i meme (che sono poi giochi, come sintetizza bene lo stesso Mauro) non è che proprio andiamo d'accordo. Il fatto è che, ignorandoli, mi pare di essere scortese. Peggio: ho il timore di passare per snob e di essere poi ignorato da persone che stimo e che, prova una volta, tenta un'altra, alla fine si dimenticano di me, come fossi uno straccio vecchio o la famosa zitella che tutti vogliono e nessuno la piglia. Così, nella giornata di ieri, ho preso tempo: ci sono le elezioni, ed è anche lunedì, magari pensano che non ho acceso il computer, sono davvero troppo preso, magari dopo, magari domani, sì, ecco, domani ci ripenso e decido cosa fare, e poi fa anche freddo, non è che uno ragiona lucido con 'sto freddo, meglio rimandare... Insomma, per chi ha visto almeno una volta "The Blues Brothers", sembravo John Belushi mentre accampa scuse davanti alla ex fidanzata che ha piantato sull'altare ed ora ritrova, fucile spianato, che lo vuole far fuori per esser sparito e averle rovinato la vita.
Non è cosa.
Così, oggi, dopo aver cercato di prendere altro tempo, mi ritrovo qui, per confessare che... che, sì, insomma, io a rispondere e continuare il "meme" non sono ancora pronto. Sarà che devo ancora superare la sindrome da "catena di Sant'Antonio", sarà che ho un certo pudore a parlare di me (non ridere, Marco Migliavada! E' vero, sono vanitoso, ma non è che puoi rinfacciarmelo così, ridendotela, mentre leggi questo post che una congiunzione astrale ha reso così intimo e io non sono neanche lì vicino per difendermi! :-), sarà questo è anche altro, però al meme non sento ancora di rispondere. E poi: le sei cose che mi piace più fare? Ma come faccio a rispondere. Sono indeciso: e se ne dimentico qualcuna? Non sono mai stato bravo nel dare risposte immediate. Potrei dire: mangiare la Nutella, vedere la Juventus, leggere un libro, cenare in compagnia, starmene a letto per i cavoli miei e starmene a letto non per i cavoli miei. Ecco, l'ho fatto. Ci sono riuscito! Mi fermo qui: metti che ci ripenso e mi accorgo di aver omesso una cosa che mi piace ancora di più. Poi, com'era il meme? Un attimo che controllo.
Ah, no. Indicare altri sei blogger questo no. Sono rispettoso, grato, commosso persino per la gentilezza di chi mi ha nominato, ma non cada su di me il sangue di un altro giusto! Vale, Andrea, Luisa, Paolo, Frenz, Mauro, Marco, Massimiliano, dormite sonni tranquilli, io non vi nominerò! Ops...
Foto by Leonora

lunedì 14 aprile 2008

Giornalisti lo "nacquero"... (2)


Sempre proposito di buon giornalismo, anzi, di buon giornalista, altre due segnalazioni.

La prima è un articolo di Ferruccio de Bortoli, attuale direttore de "Il Sole 24 Ore", sull'informazione all'incrocio tra media tradizionali e web.
E' da leggere per intero, qui ne riporto la parte centrale:

"Le regole del buon giornalismo appaiono ancora quelle di Edmund B. Lambeth (Committed Journalism). Cinque principi. Verità: senza la presunzione di possederla, nel rispetto della buona fede del lettore. Giustizia: ovvero imparzialità, che non esclude domande scomode, ma distingue cronaca da commento. Libertà: l'indipendenza si tutela se si è liberi, ma anche se non si è scorretti. Umanità: il rispetto della persona i cui diritti soggettivi a volte prevalgono, in assenza di ruoli pubblici, su quelli di critica e di cronaca. Infine, responsabilità, etica della funzione e coscienza del ruolo pubblico della professione. Peccato che queste regole si seguano poco, nella stampa scritta, ma forse ancor di più nel web".

Il secondo è un'intervista a Carl Bernstein, pubblicata da "La Stampa". Bernstein è uno dei due giornalisti che contribuì a svelare lo scandalo Watergate, che costrinse alle dimissioni il presidente americano Richard Nixon.
Anche in questo caso, l'articolo merita una lettura completa, ne riporto qui soltanto una parte.

«Essere un buon reporter significa saper trovare e scrivere la migliore versione della verità sui singoli eventi. (...) Trovare la miglior versione della verità significa non andare a caccia di farfalle ma parlare con tanta gente, essere persistenti, saper ascoltare ciò che gli altri stanno dicendo e non farsi sedurre dall'idea che il giornalismo sia fatto di controversie e polemiche costruite a tavolino. Gossip e sensazionalismo stanno diventando una tendenza di massa ostacolando la ricerca della verità».

Ho ancora tanto da lavorare...

Foto by Leonora

domenica 13 aprile 2008

Giornalisti lo "nacquero"...


Nel blog che aggiorno a singhiozzo (per dargli un'occhiata, però, credo non serva trattenere il respiro) voglio segnalare due chicche sul giornalismo.

Una riguarda Montanelli, un cui articolo mirabile è segnalato da Mauro (con il quale, in passato, ho letto e riletto quel pezzo, provando ogni volta stupore e ammirazione).

L'altra riguarda Eugenio Scalfari, che in vita fu sovente in contrasto con Montanelli, salvo poi ritrovarsi quando l'età avanzata ebbe smussato gli spigoli, evidenziando la comune essenza di entrambi: erano giornalisti di razza, nel senso che ne dà Giampaolo Pansa, nelle righe che seguono, dettate proprio per descrivere Scalfari.


Scalfari mi ha insegnato quello che tutti gli altri grandi direttori con cui ho lavorato mi hanno insegnato. E cioè che un giornalista se vuole avere successo e far bene il proprio lavoro senza aggregarsi a nessun carro politico o economico deve prima di tutto lavorare tanto. Deve sapere tanto. Leggere molto. Deve curare la sua educazione permanente. Non deve essere mai soddisfatto del materiale che porta a casa. Deve raccogliere cento per poter utilizzare dieci. Deve parlare con cinquanta persone invece di accontentarsi di due telefonate. Deve cercare quasi sempre di essere sul posto per vedere di persona quello che racconta. E poi deve scrivere nella maniera più semplice ricordandosi che scrivere per la storia o per la letteratura mondiale non è il suo compito. Il suo compito invece è quello di scrivere per dei lettori che il giorno dopo comprano il giornale e dopo averlo letto lo gettano per terra. Inoltre di essere onesti, di non svendere mai la propria professionalità a nessuno, nemmeno alle proprie idee. Da questo punto di vista Scalfari è stato sempre molto preciso ed ha sempre preteso tanto dai suoi giornalisti. Soprattutto da quelli che reputava essenziali al lavoro e alla vita del giornale”.


Ho ancora tanto da imparare...


Foto by Leonora

giovedì 10 aprile 2008

Là dove pedalano le aquile


Si chiama Mauro, viene da Maslianico (Como) e va un po' dove gli pare.
In questi giorni, ad esempio, è in Nepal, sui pedali di una bicicletta Graziella "elaborata".

Io lo seguo da lontano, comodamente seduto alla mia scrivania, da quando s'è fatto vivo, con una mail in cui si presentava.

Di lui ho già parlato in un "posta e risposta" sul Corriere di Como, ma volevo citare la sua avventura anche qui, perché Selvatiko (il suo nick name) è troppo diverso da me, eppure un poco mi assomiglia.
L'ultima sua notizia è di oggi e come sempre la scovo sul suo blog. Lo aspetto a Como, dove mi ha promesso una birra. Sarà una bella serata.


Foto by Leonora

martedì 8 aprile 2008

Il volo della cicogna



Ho incontrato per la prima volta Paolo Moretti una quindicina d’anni fa, credo a una partita della Pallacanestro Cantù. Le nostre strade, da allora, hanno percorso molti incroci. L’ho ritrovato al Corriere di Como e in televisione, ho letto i suoi pezzi di cronaca e apprezzato la sensibilità per l’impaginazione grafica, oltre che per il contenuto, di un giornale. Siamo stati fianco a fianco mille volte, ma l’ho conosciuto soltanto un paio di settimane fa, quando ho letto il suo libro, intitolato: “La cicogna che sconfisse l’aviaria”.

Lo scrivo con sincerità, anche se un po’ me ne vergogno, poiché è vero che in amicizia sono un tipo “piano”, nel senso che diffido delle vampate d’entusiasmo e preferisco il tempo lungo alle scorciatoie, però dev’esserci qualcosa di sbagliato in me se sto in mezzo alle persone così tanto e mi “accorgo” di loro così poco.
Il libro di Paolo, per i distratti come me, è una sorta di riassunto, di quieta immersione là dove l’acqua solitamente scorre. Ho imparato molte cose di lui e anche un poco di me stesso, come accade nei libri buoni, che hanno un valore al di là dell’argomento trattato e del tempo.
Mi spiace non essermi accorto prima di certe sfumature e non posso neppure dire di voler rimediare, perché mi conosco, e ho un pudore pure nelle amicizie che mi impedisce di trasformare l’affetto in un abbraccio caldo. Sono un tipo più da stretta di mano, ma questo Paolo lo sa e non si offende se non sono tra coloro che passano serate con lui o si trovano insieme, a pranzo.
Il libro è speciale e lo dico per “piacere di cronaca”. Parla dell’adozione di sua figlia, Mehala (“Felicità” in lingua tamil), ma potrei definirlo così: la storia di un uomo, della sua famiglia e di un viaggio lungo una vita. È scritto come Paolo sa scrivere, specialmente quando una cosa la sente sua, quando l’appassiona (e nel dirlo mi viene in mente la fotocopia di una finta pagina di giornale che racconta di una diretta elettorale e dei calzini rossi di un nostro collega, che ora a Como, in Comune, fa l’addetto stampa). Quella pagina la ritengo memorabile e fa ancora bella mostra di sé, nella redazione del tg di Espansione.

Altro non voglio aggiungere, perché il libro merita di essere letto. Non si trova in tutte le librerie, ma se ne può fare richiesta alla Infinito Edizioni (info@infinitoedizioni.it).
Ricordo i dati essenziali: Paolo Moretti, La cicogna che sconfisse l’aviaria, Infinito edizioni, 12 euro.
Un “manuale” non borioso per chi ha intenzione di adottare un bambino e una buona lettura per chi non ha paura di guardarsi dentro, oltre che allo specchio.
Foto by Leonora

domenica 6 aprile 2008

Dove andiamo? Ci sarà posto?


Mercoledì sera, complice Palmasco, c'è stato il secondo pizza blog comasco. Rimando a ciò che ha scritto Giovanni sulla serata e alle foto messe on line da Elena.

Non voglio né potrei aggiungere nulla allo scontato, dicendo che si tratta di persone speciali, che mi fanno sentire ottimista per il futuro.
In questi giorni poi non sono molto presente, con la testa intendo. Vivo un po' nel mio mondo. Capita.
Ciò non toglie che in un momento di lucidità, meditando su quel benedetto futuro dell'informazione che mi sta a cuore, riflettevo su questo:


  • La logica di sviluppo e di propagazione delle informazioni “in rete” non conosce verticismi, bensì coordinate orizzontali. Per dirla con un esempio che mi pare efficace: in Internet vince non chi ha un megafono più potente, bensì chi è abile a creare un passaparola più rapido e autorevole.

  • Ciò che nella carta stampata ha perso smalto (citare le fonti, non “addomesticare” le notizie, accettare il confronto e se si è sbagliato chiedere scusa) in Internet é una necessità, pena la gogna e la perdita di ciò che distingue tuttora il potente strumento di informazione dal blogger, cioè l’autorevolezza, la certezza di serietà nel reperire, verificare, presentare la notizia.

E cosa centra il Pizza Blog con tutto questo? Nulla forse, se non per un aspetto: giovedì sera mi sono trovato attorno a un tavolo, con persone che stanno preparando la tesi, o che si occupano di grafica, che fanno i commercialisti e i docenti universitari, i consulenti d'informatica e gli addetti del settore tessile, i "responsabili della comunicazione nelle situazioni di crisi aziendale" e i fotografi, e ho compreso più cose sul futuro dell'informazione che stando a contatto per giorni con la maggior parte dei giornalisti.


Forse siamo troppo presi dal mettere un piede dopo l'altro, dal continuare passo dopo passo il cammino, per comprendere dove ci stiamo dirigendo e qual è l'intero itinerario.


Mi viene in mente una vecchia battuta "esistenziale" di Woody Allen: "Chi siamo? Dove andiamo? Ci sarà posto?"


Foto by Leonora

mercoledì 2 aprile 2008

Short arms


Come qualche amico sa, lunedì casa mia è stata visitata dai ladri. In mattinata, quando non c'era nessuno, hanno divelto porte e finestre, saccheggiando in abbondanza. Al di là del danno economico, il rammarico maggiore va per spille e oggetti in oro che appartenevano alla mamma e alla nonna di Isabella e avevavano dunque un valore affettivo impagabile.

Qui però volevo ringraziare pubblicamente l'Arma dei Carabinieri, nella persona del maresciallo Maria Cristina Pireddu, che ha raccolto la mia denuncia: è stata paziente, ha tollerato le mie imprecisioni descrittive, mi ha spiegato la differenza tra diamante e brillante (che non c'è, è il diamante che può essere tagliato a brillante) e soprattutto non mi ha fatto sentire troppo in colpa per tutte gli oggetti rubati ad Isabella che avrei potuto regalarle io, mentre erano dono di sua mamma, di sua nonna, del suo padrino e persino di mio padre e di mia madre! Di mio, poco o nulla.


E' vero che fiori e gioielli non mi fanno impazzire, però in questa già triste occasione mi sono reso conto di quanto misero e di braccio corto sono stato: chiedo ufficialmente scusa ad Isabella, annunciando di voler cambiare e provvedere, in futuro, io stesso a rimpinguare di tanto in tanto ciò che ora giace desolatamente spoglio. Promesso.
Firmato: il solito marinaio
Foto by Leonora