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mercoledì 23 ottobre 2019

La nonna bambina (Prima che sia tardi)


"I filari di pomodori sono pronti, così pure i cespi di lattuga, le piantine di basilico, il rosmarino.
La cicoria no, verrà piantata nel fine settimana prossimo venturo.
Vangare l'orto è stato il regalo per la festa della mamma che ho fatto a mia madre. Venti metri quadri di giardino fuori casa che lei, con puntiglio e senza eccessivo entusiasmo, coltiva ogni anno.
La osservavo domenica, alle prese con le erbacce, zappino in mano, distratta per qualche ora dagli acciacchi e dalle malinconie dell'età, mentre pensavo che ci sono feste più ingiuste di altre, poiché figli lo siamo tutti, mentre madri alcune donne non lo diventano, chi per scelta, chi per un capriccio del destino, chi per disgrazia".

Ho ripescato queste parole scritte a maggio di quattro anni fa e sparite, dimenticate in un anfratto da talpa di questa prateria tecnologica.
Mi fanno tenerezza, specie quando descrivono mia madre, la cui età per me s'è fermata in una data indefinita di venti o trent'anni fa.
Lei nel frattempo è invecchiata, io non me ne rendo conto, osservandola settimana dopo settimana e non cogliendo quelle differenze che, ne sono certo, mi impressionerebbero se guardassi due sue fotografie, una scattata dieci anni fa e una ora.
Con lei sono spiccio, sbrigativo, solerte nell'invitarla all'azione, scherzandoci sopra, sostenendo che lo faccio per lei, per tenerla vispa.
La verità è che la gusto poco, resto in superficie, non mi "collego" come dovrei, affinché l'esperienza comune sia intensa, vissuta.
So che lo rimpiangerò, che prima o poi non ci sarà più o non godrà di una salute dignitosa, e me ne pentirò, mi renderò conto di tutti gli "avrei potuto" sprecati, scivolati via.
Rimediare ora, ripromettersi chissà quali cambi di rotta so che sarebbe una bugia.
Mi limito a un impegno, da qui alla prossima settimana: di starle accanto un po' di più, di non avere fretta, di guardarla con occhi di comprensione, di ascoltarla, di goderla, di abbracciarla più a lungo di quanto faccio di solito, quando la tengo tra le braccia e chiudo gli occhi e sento la pelle della sua guancia morbide attaccata alla mia, e mi pare che d'un lampo non sia più una mamma, una nonna, ma sia diventata di nuovo bambina.
Devo farlo per lei, per me e più ancora per rispetto delle persone che vorrebbero farlo con la loro e non possono più, perché il tempo ha già fatto da cesoia e non concede nessun miracolo, almeno su questa terra.

(A proposito di "nonna bambina", la vera "nonna bambina" credo sia la mamma di Fulvio e Danila, che con l'età e il male che ne contagia la mente è diventata d'una dolcezza infinita).