Visualizzazione post con etichetta meditazione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta meditazione. Mostra tutti i post

sabato 22 settembre 2012

Imparare a mendicare

Foto by Leonora
Mentre corro penso a nulla e tutto. A nulla perché la concentrazione è sul passo dopo passo, specie se il cammino è lungo e il ritmo serrato; a tutto perché ai pensieri capita di intromettersi senza preavviso spaziando su tutto, dai ricordi ai buoni propositi, dal contesto familiare a quello del lavoro. Stamattina, ad esempio, appena imboccato un lungo rettilineo, di quelli che prima scendono poi si alzano e formano l'incavo di un arco, m'è saltato in mente il proverbio indiano caro al cardinale Martini e che un altro cardinale, Ravasi, ha riassunto così: "La vita dell'uomo ha quattro tappe. La prima è quella dell'imparare, quando si è formati dai maestri. La seconda è quella dell'insegnamento in cui si condivide ciò che si è appreso con gli altri. La terza fase è quella del bosco, nel quale ci si ritira per ritrovare se stessi ed energie nuove. Infine, la quarta tappa è l'essere mendicanti, tendendo la mano agli altri perché ti sorreggano nella malattia e nella vecchiaia. Imparare, insegnare, meditare, mendicare: ecco le quattro tappe della vita".
E' l'ultimo tempo, quello del mendicare, che come un magnete m'ha attirato. Ho ripensato ai molti anziani che conosco, al vecchio che (speriamo) diventerò un giorno io. E mentre sbuffavo con un mantice passando dalla discesa alla salita mi si è accesa una lampadina sul fatto che - anche se non lo scegliamo consapevolmente - il mendicare, lo stendere inermi il palmo della mano, capita lo stesso. E' la vita che ce lo impone prima ancora che insegnarcelo. Il proverbio non indica allora un invito, un suggerimento, bensì un monito, un avvertire in anticipo. Non è questione di esser povero o ricco, potente o tapino, di vivere una vita in tailleur oppure con la kefià in testa e la borsa dell'Intillimano: viene un giorno, per tutti, in cui siamo nella condizione scritta nel vangelo di Giovanni e rivolta a Pietro: "Quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (la saggezza indiana non è dunque distante dalla tradizione del vangelo).
Io la applico ora al mio zio Emilio (zio di mia mamma), ottantotto anni, e a sua moglie Angelina, che di anni ne compirà novanta il 25 di questo mese, ma varrà anche per mia madre e per me stesso, come dicevo. Essere preparati, aver consapevolezza dell'ineluttabile, è meglio.
Al di là di tutto, a mendicare possiamo imparare già adesso (coltivando quella docilità d'animo che fa piegare persino il carattere più duro, energico, abituandoci a chinare il capo e riporre resistenze, pregiudizi, vanità e orgoglio...) anche se il proverbio indiano non la mette come quarta tappa a caso. Certe abilità infatti non si imparano a tavolino, occorre immergersi dentro, viverle nel concreto, a fondo.
Ecco, tutte queste cose pensavo mentre oggi correvo, lungo quel rettilineo tra Olgiate e Gironico, prima che fossi interrotto, preso come ero a svoltare a destra ed entrare nel bosco. Non il bosco evocativo del proverbio, un bosco d'alberi, vero, scuro, tanto che altri pensieri non potevo avere tranne quelli di non mettere il piede in inciampo. Prima però ho fatto tempo ad appuntarmi l'idea di scriverlo qui, di condividerlo con voi, certi che capirete il nocciolo della riflessione, senza archiviar queste parole come soffio nel vento.