Sei il primo di quei pochi amici che mi sono capitati in dono, coloro che c’è un modo semplice e lineare in cui si distinguono: può passare un giorno, una settimana o un anno, ma quando ti siedi di fronte e li guardi negli occhi riprendi il discorso che avevi lasciato, come se nulla fosse, anche se non ci si è raccontati tutto.
Debbo a te gran parte del buono dell’uomo che sono, anche se - proprio per ciò che ho scritto qui sopra - non te l’ho mai detto: so che lo sai, non ce n’era bisogno.
Faccio eccezione oggi, che ti attende un compleanno senza spigoli, tondo, perché un regalo lo fai continuamente a me, da mezzo secolo, da quando il bambino timido che ero, curioso quanto insicuro, ha incrociato la tua strada, trovando un’affinità elettiva e insieme un appiglio.
Pure se mi soffermassi a lungo e scrivessi un libro non riuscirei a descrivere un’infima parte di ciò che insieme abbiamo vissuto, condiviso.
Mi limito a questo, a dirti che con te, come con i veri amici, ho compreso e provato sulla mia pelle e nel cuore la forma dell'amore più puro, intenso, intimo, casto, generoso, disinteressato, scevro da competizioni, incomprensioni, pettegolezzi, garbugli e gelosie.
Un bene per scelta, ma anche un bene ricevuto, per provvidenza o destino.
Ha ragione Victor Hugo: “Tutti sanno provare dolore per il dolore altrui, soltanto i veri amici riescono a essere felici della gioia dell’altro”.
Un sentimento che fa da prova del nove e che per te ho sempre provato, avvertendolo ricambiato.
Perciò non posso che dirti grazie, questa volta sì, per iscritto, augurando a tutti di avere la mia fortuna: di avere accanto per la vita un Angelo.