venerdì 26 novembre 2021

Le parole giuste (Contro la violenza e non solo)

Lo debbo a te, a voi, che fate parte della mia vita, che alla vita di tutti date origine e senso, consapevole che la giornata contro la violenza sulle donne non era soltanto ieri, ma ogni giorno, e che vi dobbiamo assai più di un'assenza - seppur di ferocia, crudeltà, brutalità, aggressività, sopruso, abuso, prepotenza, maltrattamento, sopraffazione, costrizione, violazione, persecuzione, oppressione, offesa, stupro - bensì parità ed eguaglianza, di fatto.
Ve lo dobbiamo non come concessione, semmai come riconoscimento, un dato di realtà a cui va dato corso, partendo dalle piccole cose, innanzi tutto dalle parole, che sono pietre, non foglie al vento.
Me lo hai ricordato tu, dedicando la tesi di laurea proprio a questo, al linguaggio e all'importanza che esso ha nel dare forma alla realtà, spesso senza che ce ne accorgiamo, ponendo "l'uomo, il maschio, come centrale, dominante, e rafforzando stereotipi maschili e femminili, che non fanno male soltanto alle donne, ma all'intera società in cui viviamo".
Sono profondamente convinto che un cambiamento reale sia possibile e passi da qui, dal verbo che si fa carne, dalle parole che scegliamo e dalle persone che siete voi, le generazioni più giovani, con l'occasione di non ripetere gli errori di chi vi ha preceduto e nel contempo giovarvi delle lezioni migliori, degli esempi di coloro che prima di voi hanno avuto chiarezza di visione, certezza nel distinguere giusto e sbagliato.


P.S. Chiedo scusa, figlia mia, se per spiegarmi meglio prendo a prestito il finale della tua tesi, che discuterai a breve e che contiene in poche righe ciò che mi pare il nocciolo, quanto in così estrema sintesi non riuscirei a scrivere io.

Usare un linguaggio corretto non è un vezzo o un'ulteriore passo verso l'appiattimento, verso il pensiero unico dell'omologazione, verso un essere asessuato, in cui le diversità vengono eliminate in nome dell'eguaglianza.
Semmai è proprio il contrario: usare un linguaggio corretto evidenzia e rimarca ancor di più le differenze, rendendo proprio per questo dirimente il tema dell’eguaglianza, evitando di confondere i due piani concettuali, quello dell’essere medesimo e quello dell’essere uguale.
L’opposto dell’uguaglianza è infatti la disuguaglianza, non la differenza: lavorare per contrastare la disuguaglianza non significa eliminare le specificità di ognuno, bensì costruire un ambiente inclusivo che valorizzi le diversità, che permetta la libera espressione delle originali singolarità e che realizzi, in un'ultima analisi, un mondo migliore in cui vivere, tutti, insieme.

giovedì 18 novembre 2021

La marcia in più (Complimenti Alberto)

La laurea è in fisioterapia, ma vederti così elegante, professionale, sicuro di te mentre esponevi l'argomento della tua tesi, dal podio, mi ha fatto pensare che dovresti fare televisione al posto mio.
Si dice che "ogni scarrafone è bello a mamma soja", io non sono tua mamma, soltanto suo cugino, anzi, mia cugina è lei, l'unica che ho, una sorella in tutto e per tutto, per cui dovrei essere al riparo da critiche eccessive se dico che ieri, su quel palco, eri proprio bello.
Bello, non soltanto in senso estetico, che la bellezza è frivola e passa e pure opinabile, per cui tirarla per la giacca è sempre sconsigliato.
Bello per la tua gioventù, per la perseveranza ai limiti dell'ostinazione che hai avuto nel raggiungere l'obiettivo prefissato, per la calma che hai saputo ostentare anche se in questi mesi devi tenere la barra dritta mentre attorno crolla tutto e posso soltanto immaginare ciò che provi, dentro.
Al di là di questo, degli studi e del centodieci che ti sei meritato, lasciami dire che a farmi più piacere è stato il seguito di sostenitori che in una simile circostanza ti ha voluto essere vicino.
Decine di persone, tra parenti stretti e larghi - ogni riferimento a mia madre sarebbe tendenzioso
 - ex compagni scuola, di squadra, ragazzi e ragazze, amici e amiche di lunga e di corta data, tutti con una luce negli occhi che esprimeva orgoglio e insieme affetto.
Hai poco più che vent'anni, caro Alberto, ma ciò che hai seminato è già moltissimo e "continua così" nel tuo caso non è una frase retorica, bensì la certezza di un futuro luminoso, limpido, in cui potrai a volte sentirti solo, senza mai esserlo del tutto.

P.S. Potevi scegliere qualsiasi corso universitario, hai deciso uno dei più "pratici", che orienta a imbuto su una professione specifica e non qualsiasi.
Il perché non sia una professione qualsiasi l'ho scritto in tempi non sospetti, esattamente dieci anni fa (ma guarda il caso...), in questo post, da cui ritaglio la parte centrale, sempre attuale e che riletta oggi ha ancora più significato.
"Ogni mestiere ha il buono e il gramo, ma deve esserci un motivo se tra i fisioterapisti la percentuale di bravi uomini e donne sfiora il cento per cento. Sarà il contatto con la sofferenza altrui che ne affina il carattere. Sarà che per spronare gli altri ad impegnarsi a tornare quello che erano o a migliorare le prestazioni devono crederci per primi loro. Sarà che stare a contatto con le persone non li aliena affatto, ricevendo in cambio un pizzico della molta energia che infondono. Sarà per tutto questo e per molto altro, ma la maggior parte dei fisioterapisti ha una marcia in più e va dato loro atto".

venerdì 5 novembre 2021

La montagna incantata (Auguri Giovanni)

Dodici mesi fa i tuoi diciott'anni li hai festeggiati da recluso: tre settimane nella tua stanza, contagiato dal virus che ha condizionato questo scorcio di secolo, a sorpresa.
Questo giorno, pur se nulla di eccezionale, al confronto è stato comunque un compleanno lieto, pur senza picchi né abbondanza di festa.

Tralascio la contabilità minuta dei regali e messaggi, passo lesto a ciò che più mi sta a cuore, oltre al ribadirti la felicità che porti ogni giorno nella nostra vita.

Il messaggio che ho per te, oggi, è in un'immagine.

Una montagna. Una vetta all'orizzonte, non importa quale, se spoglia, aguzza, brulla, irta, bianca di neve o avvolta nella nebbia.

Una montagna a cui tendere lo sguardo, che sia per te chiarezza di visione, aspirazione, desiderio di approdo, pur lontano che appaia o che sia.

Nessuno può esserti accanto sempre o caricarsi sulle spalle i tuoi fardelli e farti sorridere, darti fiato e gioia di vita, ma potrai farlo tu, se saprai individuare un obiettivo, una "montagna" appunto, compiendo ogni giorno un passo, piccolo o grande, purché orientandolo a una direzione, a una meta.

Il desiderio e l’ambizione buona non mettono infatti al riparo dalle delusioni occasionali, dalle paludi momentanee, dal buio che cala la sera, ma sono antidoti naturali alla frustrazione continua, alle amarezze profonde, al senso di vuoto o stagnazione opprimente che a volte punteggia l'esistenza.

Intendiamoci. La vita non è la montagna, né tanto meno la vetta. La vita è tutto ciò che sta sotto, attorno, lungo il cammino anche, spesso a distanze siderali dalla cima.

Proprio per questo - se posso darti un consiglio - scegline una alta, elevata.

Perché più sarà alta, più a lungo ti terrà impegnato il cammino, più ti si gonfierà il cuore, più ampio sarà il paesaggio, più varrà la pena ogni sacrificio, fatica, rinuncia.


P.S. Di montagna può essercene più d'una e non è mai troppo tardi per scegliersela, scoprirla, adottarla. Vale per te e i tuoi diciannove anni, come per chi di primavere ne ha sulle spalle una carriola.

A cominciare da me, che di montagne ne ho sempre avute, spesso inconsapevolmente, talvolta dimenticandole, altre ignorandole di proposito o rifiutando l'ipotesi di avvicinarmi, per timore, miseria, vigliaccheria. Anche quest'ultime, tuttavia, non le ho cancellate del tutto, restano lontane all'orizzonte, ma presenti, pronte ad accogliere il mio primo passo, quando che sia.