sabato 11 gennaio 2014

Sei anni ieri

Foto by Leonora
Sei anni. Il 10 gennaio del 2008 ti spegnevi e io ero lì, che ti tenevo la mano, era da poco diventata mattina, i bambini uscivano di casa per andare a scuola e tu respiravi sempre più piano, finché il respiro non s'è sentito del tutto. Avevamo spento da poco la musica che nella notte d'agonia era stata di compagnia, la musica di Tchaikovsky che non avevi mai ascoltato ma ero certo ti sarebbe piaciuta e soprattutto mi sembrava adatta a quel momento, a un passaggio che da sempre fa spavento, anche ad affrontarlo così, dileguandosi la vita poco a poco, senza urto né strappo.
E' strano come la morte a volte sia un sollievo, cento notti avevo pianto, quando ti eri ammalato, quando eri stato operato, quando eri in terapia, quando tornavi da una visita, quando ti osservavo di sottecchi per controllare quanto peso avevi perso, se mangiavi, se gli occhi attorno alle pupille erano ancora bianchi, se respiravi bene o in affanno. Le ultime lacrime per te sono scese in quei giorni e qualcuna mi riga il volto ancora adesso, senza preavviso, nei momenti più disparati, senza un legame apparente, per un'improvvisa nostalgia, specie quando sono solo e guido la macchina o leggo un libro che mi ricorda il legame speciale che avevamo. Però nessuna di quelle lacrime porta a galla l'angoscia che ha preceduto il tuo congedo, come se a spaventarmi di più fosse la salita per arrivare allo scollinamento e non il burrone d'ignoto in cui si precipita dopo.
Sei anni. La mamma non c'è giorno che non ti ricordi, mentre io sono più spiccio e correndo è raro che mi fermi a guardare indietro. Credo capiti lo stesso ai tuoi nipoti, pur se a volte mi inteneriscono per il ricordo lucido che hanno di te (ecco che ora mi sale un groppo alla gola e mi commuovo di nuovo, si vede che sto diventando vecchio), così come Laura e i tuoi amici di un tempo, nelle cui rughe e grinze rivedo le tue.
Sei anni e un giorno, questo, un sabato con il cielo grigio e una pace infinita tutto attorno, a perdita d'occhio, seduto nella casa che tu hai costruito e che è stata per te meta e fondamento. Ciao papà, sei ancora qui, nel sangue che mi scorre dentro, nei geni da cui provengo e più importante ancora negli infiniti momenti con te che tuttora mi accompagnano e mi aiutano a ricordarti, sorridendo.

sabato 4 gennaio 2014

Limpeza e alegrìa

Non sono superstizioso, credo di essere un uomo fortunato, che il destino dia e tolga a tutti in egual misura e che un atteggiamento positivo giovi più che la commiserazione e la malinconia. Perciò cerco sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno e di non darmi troppa pena.
Certo che se metto in fila una dietro l'altro le note stonate di questo inizio anno devo mantenere molta calma per non agitarmi e lasciare che lo sconforto prevalga. Niente di trascendentale, di catastrofico, semmai uno stillicidio di cattive notizie in vari ambiti, dal lavoro alla famiglia.
Qualche acciacco, alcuni fraintendimenti, certe incomprensioni, difficoltà sparse, la scomparsa di due persone care... Sapete quando sembra che suoni un campanello d'allarme e non ne avete certezza, per cui non vi decidete ad andare a vedere ma nemmeno state tranquilli? Ecco, a me pare di stare in quel limbo, con il sospetto che sia soltanto l'inizio di una valanga e la vaga impressione che invece non sia nulla di grave e il sereno tornerà presto, a smentire qualsiasi teoria sulla sfortuna.
Scrivo queste note in attesa di un responso dal Pronto Soccorso, dove è stato portato lo zio Emilio, il marito della zia Angelina, la cui recente scomparsa lo ha evidentemente scombussolato, per uno di quei meccanismi inspiegabili eppure evidenti, come quando ci si ammala proprio il giorno in cui si sta a casa per la festa. Lui ha tenuto duro per mesi, forse convinto inconsciamente di dover stare in gamba per aiutare la moglie e non essere un peso. Mancata lei, è come se si fosse lasciato andare anche lui. Spero si tratti soltanto di un momento passeggero, anche se a novant'anni ogni spifero può riverlarsi bufera.
Così, mentre rimugino sulla sfortuna e sulla possibilità che sia un anno negativo, mi viene in mente la fotografia con un augurio speciale che mi ha mandato qualche giorno fa Luana, dal Brasile, e che vorrei fosse davvero la stella polare per l'anno che inizia. E' uno scorcio di muro, con disegnato un pesce e soltanto due parole: "Limpeza e alegrìa".
E' così che torno al principio di questo post, ricordando a me stesso che nessuno può evitare disgrazie o momenti negativi, ma la vita mi sorride più facilmente se a sorriderle sono per primo io.