martedì 30 giugno 2009

Quesiti a fuoco lento


A me piacciono cotte "come un biscotto" e lo sa Mauro Migliavada, che quando conduceva il telegiornale a Etv non leggeva mai in anteprima gli appuntamenti del tg e una sera, mentre era in diretta, si trovò a leggere il seguente annuncio: "Domani, a Rodero, festa di San Maffeo, con le famose costine, cotte come un biscotto". Ovviamente, quando capì cosa stava leggendo gli venne da ridere, ma ormai era tardi. Per fortuna la grafica copriva la sua espressione, perciò apprezzammo appieno la scena soltanto dai monitor di servizio, in regia. Alla sagra di San Maffeo, sia scritto tra parentesi, le costine di maiale sono davvero uno spettacolo, perché le cuociono intere, tagliandole soltanto dopo averle tolte dalla griglia. La "costinata" è una tradizione a casa mia. Un momento speciale da trascorrere con la famiglia allargata ai vari parenti o con gli amici. Da un paio d'anni ho preso il posto di mio padre: preparo il barbecue (un barbecue originale, fatto da mani esperte, in acciaio, mica quelli che si comprano all'Obi o al supermercato), accendo il fuoco e aspetto che la fiamma lasci il posto alla brace (per una costinata di successo uno dei segreti è cuocerle con la brace e non sulla fiamma) salandole poi per benino e girando la griglia spesso (mettere molto sale e girarle spesso sono gli altri due segreti, della ricetta povera ma efficace che ho ereditato). Il resto lo fa la compagnia e un bicchiere di vino. Se devo essere onesto, però, la mia specialità non sono le costine, bensì le ali di pollo, anch'esse cucinate sul barbecue, a fuoco lento. Ora che il prato di fronte a casa è stato ampliato e completamente rifatto non ho più scuse per rimandare l'appuntamento con gli amici e dare inizio a un rito. Nel frattempo, appunto qui alcune domande "di stagione", proprio come le costine. Primo: piove un giorno sì e l'altro pure, scommettiamo che appena semino il prato cominciano giorni e giorni di perfetta siccità? Secondo: come mai tende a piovere più dal venerdì al sabato che nel resto della settimana? Terzo: come mai alla sagra di San Giovanni (il primo sabato dopo il 24 giugno) sul lago di Como il meteo è sempre incerto? Quarto: saranno i produttori di condizionatori che inducono il mese di maggio a proporre in anteprima una settimana di afa assoluta, che si trasforma in un ritorno di pioggia e brezza artica una volta che l'acquisto è stato ultimato? Quinto: come mai sul mio terrazzo tira sempre un gran vento le cui folate hanno inizio soltanto dopo che il tavolo è già stato apparecchiato? Sesto: perché se porto con me la felpa fa caldo e quando invece la dimentico si scatena il gelo? Ci penserò meglio la prossima volta che cucinerò le costine sul barbecue.

domenica 28 giugno 2009

Datemi una O


"Ma dove vuoi che vada? Quello lì non sa nemmeno disegnare una O con un bicchiere". Lo sentito dire spesso da mio padre, in dialetto ("al nànca una O cun un bicér"). L'ho ripensato ieri l'altro, mentre vedevo il dvd de "Il Signore degli Anelli" in compagnia dei miei figli e mi sorprendevo a spiare le loro espressioni, di volta in volta di spavento o di stupore o divertimento. Di tutte le incredibili ed affascinanti creature partorite dalla fantasia di Tolkien e messe in scena da Peter Jackson, quella che più li ha incuriositi è stata l'Olifante. Tolkien con una O non si accontentava di disegnare un bicchiere, ma trasformava una creatura esistente in un animale immaginario, curioso e affascinante. Sono i nomi che mi incantano ne "Il Signore degli Anelli". Nomi propri: Aragorn, figlio di Arathorn, Denethor, Boromir, Faramir, Gandalf, Saruman, Sauron, Smigol, Legolas, Gimli, Bilbo, Smigol, Gollum, Nazgul... Ma anche Gondor, Rohan, Pellenor, Minas Tirith, Minas Morgul, Osgiliath... Ce ne sono decine e decine e a metterli in fila sembrano già una poesia. Del resto anche lui, Tolkien, in fatto di nomi non scherzava, avendone in aggiunta ben tre: John Ronald Reuel. Ora però devo andare. Sopra, nella sua stanza, c'è Giorgia che mi aspetta: ho promesso di guardarla con "l'occhio di Sauron" e spaventarla per benino, tanto non si addormenta lo stesso.
Foto by Leonora

venerdì 26 giugno 2009

Amalfi Coast Media Award


Manca la salsa verde, per il resto il carrello dei bolliti c'è tutto. All'Amalfi Coast Media Award il giornalismo offre il peggio di sé, con una parata di cariatidi, pavoni e luoghi comuni che mi tengono incollato alla tv, a conferma che l'orrido ha il potere d'una calamita. Mi viene in mente una frase che ha detto il mio direttore, stasera: chi sa fare, fa; chi non sa fare, insegna. Un evento che si riscatta nel finale, quando sul palco sale Giorgio Bocca, che almeno ha una faccia vera, senza lifting e cerone. Lo appunto qui, per gli amici che fanno il mio stesso mestiere e che mi prendono in giro (giustamente) per ciò che scrivo, soprattutto per le divagazioni sull'orto e dintorni. A questo proposito, mi pare giusto riportare ciò che ha scritto via mail David, che è più d'un amico e di un ex compagno di università: è un fratello. "Leggo sempre con emozione i tuoi post - dice David - devo dirti però che l’ultimo filone natural-bucolico mi convince poco. O meglio, mi convince poco questa immagine di te che vanghi l’orto e contempli la precisione del rapanello, che spargi verderame e togli i pidocchietti ai ciuffi di lattuga…". Mi ha fatto ridere, David. Gli anni alla Cattolica, con lui e Carla e Rossella, sono stati il periodo più bello della mia vita, quello che ricordo più volentieri. E la chiudo qua, perché nel frattempo è terminata la trasmissione che stavo vedendo e che oltre al carrello dei bolliti mi ha regalato preziose scoperte: Paolo Garimberti è bassissimo, Milly Carlucci è altissima, Gianni Letta è impagliato come un gufo. Con queste nuove certezze me ne vado a letto, con una rinnovata convinzione: chi ha coniato il nome "Amalfi Coast Media Award" andrebbe come minimo radiato dall'albo. O mandato seduta stante a zappare l'orto.
P.S. Con Igor siamo a quattordici. E' grazie al suo blog, tra l'altro, che ho scoperto questo bell'articolo di Toni Capuozzo, proprio sul giornalismo

Foto by Leonora

domenica 21 giugno 2009

Amici


Tra coloro (tredici) che seguono questo blog do il benvenuto a un amico, Luigi, nel primo giorno d'estate che è anche quello del suo compleanno e dell'onomastico. Congiunzioni astrali, casualità, coincidenze...

Ripenso a ciò che è successo questa settimana, in cui se n'è andato, per un malore improvviso, il papà della mia amica e collega giornalista Manuela. Suo padre era andato in pensione da poco. Si chiamava Antonio, come il santo festeggiato sabato scorso, e proprio oggi doveva fare da padrino al battesimo di Giulia, la nipotina nata appena tre mesi fa, il 29 marzo. Invece ieri, nella stessa chiesa di Breccia, al posto dei paramenti bianchi c'erano quelli colorati a lutto, e sua moglie e le sue figlie lo hanno accompagnato nell'ultimo viaggio terreno. Una cerimonia sobria e partecipata, con Manuela d'una tenerezza infinita e tanti parenti e amici attorno, a testimonianza che non siamo soli, in nessuna partenza.

Intreccio questi fatti perché Luigi e Manuela si conoscono, sono amici e sono due tra le persone più "pure" che conosca. Mi piacerebbe, una dei prossimi giorni, cenare con loro, e con Davide e Cristina, discutere insieme sul senso della vita, sul valore dell'amicizia, ma anche chiacchierare del più e del meno. Mi piacerebbe soprattutto stare in ascolto e godermi la compagnia.
Foto by Leonora

lunedì 8 giugno 2009

Il mio voto


Seguo stancamente la diretta elettorale, domandandomi dov'è finito quel ragazzo che ero, affascinato dalla politica al punto ch'è stata per almeno vent'anni la mia principale passione. Molta acqua è passata sotto i ponti, molte illusioni si sono trasformate in delusioni, altri interessi si sono radicati, primo fra tutti il mio lavoro, che - per come la vedo io - prevede una regola: essere sempre dalla parte opposta al potere. Per lo stesso motivo, ho timore dei voti plebiscitari e considero l'alternanza importante quanto la stessa democrazia. Perciò non sono preoccupato che Berlusconi, con il fardello che nel bene e nel male si porta appresso, governi, bensì che lo faccia troppo a lungo. Per lo stesso motivo, temo del centro-sinistra la disgregazione, la dissoluzione persino, poiché la crisi che attraversa mi pare niente affatto passeggera, quanto piuttosto legata all'assenza di valori forti, fondanti.
E' mentre pensavo a queste cose che, sul sito del Corriere della Sera, mi sono imbattuto nella notizia della ragazza ucraina, bravissima a scuola, che essendo clandestina rischia di non poter dare la maturità. E mentre leggevo queste cose pensavo alla Repubblica Dominicana, dove i moltissimi ragazzi haitiani, essendo clandestini, non possono andare a scuola, però quando giungono in età da lavoro, vengono regolarizzati senza problemi (per chi comanda, in quel paese, è il massimo: non essendo istruiti, quegli operai non solo non faranno valere i loro diritti, ma neppure si emanciperanno, restando per sempre mano d'opera a basso costo). Arrivando al punto, voglio dire questo: non so se sia una cosa di sinistra (per parafrasare Moretti che guarda in tv D'Alema) ma io non voglio vivere in un Italia che non permette a una ragazza brava a scuola di fare l'esame di maturità, di avere un'opportunità di crescita, di vita. Non so se sia una cosa di sinistra (lo sospetto fortemente, però) ma senza dubbio so che è una cosa giusta. E chiunque si batta per un'Italia in cui un ragazzo possa studiare a prescindere da dove provenga o dal timbro su un carta, avrà il mio appoggio, il mio voto, la mia stima.
P.S. Ben trovata a L.Regni, che ha fatto diventare i lettori fissi di questo blog una dozzina.

Foto by Leonora

mercoledì 3 giugno 2009

Un Angelo in cielo



Se n’è andato dieci giorni fa, una domenica, nel giorno della sua rubrica. Angelo Curtoni mi ha dato molto e in cambio chiedeva soltanto un caffè. L’occasione per scambiare due chiacchiere, il sabato d’ogni settimana, giusto il tempo di controllare che il suo pezzo fosse arrivato e che nel metterlo in pagina non gli avessero tolto tutti gli "a capo".
E' stato il mio primo direttore, quando non avevo ancora vent'anni e già un tarlo per questo mestiere di carta e penna. Mi presentai da lui in compagnia del mio compagno di classe del liceo, Mauro Colombo, e venni ricevuto in una redazione ricavata da un negozio, in via Carloni. Allora dirigeva un settimanale, "La Gazzetta di Como" e ci permise di seguire la Pallacanestro Cantù. Al suo fianco c'era già Francesco Angelini, che ora è qui a La Provincia e martedì' scorso ha ricordato Curtoni nel rito funebre, come meglio non si poteva. Qua aggiungo due ricordi privati. Il primo legato a una soddisfazione professionale, allorché mi mandò a seguire il Calcio Como e me ne tornai con un ritratto al vetriolo dell'allora allenatore, Rino Marchesi e di quel mondo nel pallone che già allora conteneva il seme del "gigantismo" diventato ora pianta stabile: "E' un bel pezzo" commentò, senza guardarmi in faccia. Il secondo riguardo l'essere diventato io stesso soggetto di un suo editoriale, in cui si dileggiavano moda e abiti sgargianti dei giovani di allora. Fu in quell'occasione che mi affibbiò il titolo che Tacito attribuì a suo tempo a Petronio, cioè "arbiter elegantiarum", arbitro di raffinatezza. Un modo lieve di prendermi in giro, che volle rimarcare nella dedica del libro che raccoglieva la crema dei suoi commenti ("La portatile rossa"). Per anni lo abbiamo perso di vista, salvo incontrarci talvolta in centro città e scambiarci qualche battuta di circostanza. Al mio arrivo qua a La Provincia, un anno fa (a propoposito, oggi è proprio un anno giusto giusto che lavoro qui) l'ho ritrovato. Ogni settimana mandava un suo pezzo, per la rubrica "Settima colonna" e al sabato, regolarmente, si presentava in redazione, facendosi offrire un caffè e cogliendo l'occasione per parlare di giornali, ma soprattutto di vita, di sua figlia, dei nipoti. E' stato in un sabato di quelli che ha fatto al giornale dove lavoro il complimento più bello. "Giorgio - mi disse - in tanti anni che collaboro con La Provincia, mai che mi abbiano chiesto di cambiare una virgola a quello che avevo scritto, e a volte ho usato davvero la clava". Alla chiacchiera Angelo Curtoni preferiva la parola scritta ed era meticoloso nella lingua italiana quanto fulmineo nella battuta, nel cogliere al volo ogni spunto d’ironia. Negli ultimi anni una saggezza d’uomo buono gli aveva smussato gli spigoli del cronista di razza. Non aveva una bandiera, se non quella di ragionare con la propria testa e di sbagliare, sì, ma mai per conto terzi. Una lezione di giornalismo, uno stile di vita. Non lo dimenticheremo.

Foto by Leonora