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sabato 31 agosto 2024

Il caso esiste (Facciamoci caso)

Caso e destino. Destino e caso.
Per definizione comune “il destino presuppone che un fatto sia legato ad altri fatti da una catena di eventi: è una visione deterministica del mondo. La coincidenza, al contrario, spesso implica che le cose accadano per caso, non quindi secondo una determinata catena di eventi”. Per quanto mi riguarda, invece, mi paiono la stessa cosa, soltanto guardata da un punto di vista diverso: prima e dopo.
La linea che li separa, nella vita, è meno netta di quando la si scrive nero su bianco. Dire che possiamo contribuire a creare la realtà, trasformare il caso in destino, ha un suo significato.
Pensiamo a quella che in psicologia si chiama “profezia che si auto avvera”, una previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa. Non è scontato, però conta.
La differenza è sottile, la stessa che passa tra conoscere e intuire, tra il sapere e il sentire. Al caso non si comanda, semmai lo si orienta, lo si instrada, gli si prepara un solco dove sarà più facile che si incanali, sapendo che se lo si prende di petto, s’impunta, mentre se lo si ghermisce, lusinga, è più facile che si sdrai nel letto che abbiamo preparato per lui.

P.S. In questi mesi ho un espediente per scacciar le nubi quando l’orizzonte si fa cupo: faccio l’elenco di ciò che c’è di positivo.
Stendo così luce sull’ombra, consapevole che mai tutto è nero e sempre fa differenza la prospettiva, ciò che i nostri occhi scelgono di guardare, il pieno o il vuoto, il buono o il gramo, fuori dalla finestra o dentro un pozzo.
Credo valga in special modo quando si affronta un periodo difficile o si porta nel cuore una pena.
Non esistono bacchette magiche, né ricette miracolose o clausole di salvaguardia: sempre la tribolazione - per uscirne - va attraversata. Creare però degli appigli, compiere piccoli gesti di resistenza, può accorciare la strada.

venerdì 29 settembre 2023

Cinque certezze (Più una)

“Non preoccupatevi se sbagliate, perché non è quello che traumatizza i figli. Li traumatizza piuttosto l’impressione che la loro casa sia costruita sulla sabbia e che basti un filo di vento per portare via tutto”.
Franco Nembrini

Le sabbie mobili. Quante volte, quanti giorni, nella vita, ci sentiamo così, come se affondassimo i piedi in assenza di una base solida su cui appoggiarsi, dove non si trova appiglio.
E la spinta, la mano che ancora trascina più a fondo è il racconto che ci viene fatto di ciò che non va bene, le brutte notizie, le crisi, i delitti, le guerre, le pandemie.
Narrazioni all’ingrosso, ma pure problemi al dettaglio, quelli con cui ci troviamo a convivere, in prima persona, ogni giorno: le crisi famigliari, il senso di solitudine, di smarrimento, la precarietà del lavoro, l’inquietudine dell’oggi, l’ansia per il futuro, l’erosione delle certezze…
Già. Le certezze. Le certezze sono o dovrebbero essere le strutture di palificazione, le fondamenta profonde in grado di sostenere la nostra esistenza al di là o, meglio, al di sopra delle sabbie mobili.
Quali sono allora, quali possono essere le nostre certezze, le sicurezze degli uomini e delle donne oggi?
L’elenco è aperto e personale: si recita a soggetto.
Io, da par mio, per non esagerare, ne indico quante se ne contano sulle dita di una mano.
Primo: la famiglia, le amicizie, le relazioni, i legami umani più stringenti e profondi, quelli con cui stiamo bene, certi di essere accolti, amati, cioè apprezzati al di là e pure al di qua dei nostri difetti. Le persone insomma sulle quali poter contare, che sappiamo “esserci”, in mille circostanze, dalle più serie (una malattia, un debito…) alle più banali (si buca una gomma, devo spostare un divano…).
Secondo: il senso di appartenenza a una comunità (ecco perché le trasformazioni fanno paura, perché ho la sensazione che la comunità in cui vivo non sia più la mia).
Terzo: la consapevolezza di far parte di qualcosa di misterioso, ma non insensato. Per qualcuno è Dio, per altri la natura, l’anima del mondo, la matematica dell’universo… Io dico semplicemente quel qualcosa, quella voce, che ciascuno sente dentro sé, in quel luogo chiamato “coscienza”, l’io, l’interiorità.
Quarto: la convinzione che - sia che tutto risponda a un disegno misterioso, sia che nel nulla cosmico sia immerso il mondo - è la fortuna (il caso) che fa la differenza, per cui tanto vale disporsi di fronte alla realtà con un certo “fatalismo”, imparando sì a ribellarsi all’ingiustizia ma accettando pure che l’ingiusto esista, per cui la canna che si piega al vento è meglio del tronco spezzato al fragore dell’uragano.
Quinto: l’essere umano in fondo aspira al bello, al buono e il male, che pure esiste, non ha mai l’ultima parola, perché anche da esso, sempre, prima o poi, nasce il bene.
A pensarci, non è poco.

P.S. "Non preoccupatevi di sbagliare". Un’affermazione rassicurante, quanto liberatoria. Non per tutti, soltanto per le persone più attente, sensibili, quelle che vanno in crisi facilmente. Per esse aggiungo un’ulteriore “certezza”: la capacità di essere indulgenti, per primi nei confronti di se stessi, accettando fragilità e debolezze, concedendosi tregua, se necessario. Sapersi perdonare, infatti, per uscire dalle sabbie mobili spesso è il primo passo.

venerdì 20 agosto 2021

Da grande (Avere fiducia)

Ti ho mandato un messaggio, il racconto di un recente campione olimpico sul rapporto tra padri e figli, sulla fiducia che si instaura, che sprona.
Lo riporto qui sotto, perché è una storia bella ("Che bella storia", come hai commentato tu).
Aggiungendo però una nota a margine, convinto che per rendere quella lezione piena occorra omettere il finale lieto, l'ultima riga della favola.
Credere nei propri figli, "sostenere le loro speranze, consolare e abbracciare le loro paure, alimentare i loro sogni", non garantisce infatti di salire sulla vetta.
Né salire in vetta è frutto esclusivo di concessione di fiducia.
Il successo, la vittoria, hanno sempre due fronde, su cui ci si arrampica: il merito, l'impegno, il sacrificio, ma anche il caso, il destino, la fortuna.
E se il "destino" si compie e la "fortuna" si costruisce o si coglie, come spiegava Machiavelli, sul "caso" non abbiamo potere: accade, appunto. Succede. A prescindere da ciò che si voglia.
Te lo dico, figlio mio, affinché tu sia esigente, ma mai troppo severo con te stesso e ancora più con chi non ce la fa, arranca, affonda.
Dare fiducia non è un regalo che facciamo agli altri, bensì a noi stessi: un modo per affrontare con ottimismo, con positività, la vita. Sapendo che non tutto ci appartiene, non a tutto si comanda.


P.S. Queste sono le parole toccanti di Luigi Busà, medaglia d'oro nel karate alle recenti Olimpiadi di Tokyo.

“Il mio oro olimpico è molto più di una medaglia.
Quando ho gridato papà, mamma, ce L’ho fatta, era l’urlo di questo bambino in foto.
Sovrappeso, fragile, che non si sentiva adatto.
Oggi finalmente posso raccontare la mia storia, la storia di un padre che ha creduto in un figlio quando nessuno ci credeva, un padre che mi ha insegnato a combattere e non mollare anche quando le cose non erano facili.
Questa foto ha dell’incredibile, attraverso la mia medaglia d’oro voglio che arrivi un messaggio importante: “Ognuno di noi è unico ed importante in questa vita, ognuno di noi ha qualcosa di speciale..
e ognuno di noi ha dei sogni che lo fanno sentire vivo.. e che vanno, per questo, coltivati sempre... nonostante le paure e nonostante le delusioni...".
Allora provate a non temere la paura, a non sentirvi sbagliati, inadatti... Ho avuto  paura, non solo da ragazzino ma anche nel periodo che ha preceduto le Olimpiadi e vi dirò.. anche su quel tatami...
poi però, ho provato a parlarci, con la paura, a farla mia alleata.. mia complice.. ed è così che è successo ciò che tutti sapete bene...
Il mio segreto è la mia famiglia.
Allora mi rivolgo a voi, padri e madri.. credete sempre nei vostri figli, sostenete le loro speranze, consolate e abbracciate le loro paure, alimentate i loro sogni..
Perché, vedete, prima o poi i sogni si avverano..  e quando accade non c’è niente di più bello!!
P.S.Ancora non ci credo CAMPIONE OLIMPICO, te l'avevo promesso nella foto nella prima foto papà, la foto accanto è STORIA”

sabato 5 maggio 2012

In principio la parola (i giochi di parole son venuti dopo)

Il sabato uggioso porta in dote pensieri profondi, tanto profondi che suscitano persino il timore di cascarci dentro. Ne indico uno, ch'è scaturito da un bell'articolo sulla luna piena che questa notte, se non ci fossero nuvoloni spessi, ammireremmo più grande del 16%. Per spiegare il fenomeno si riferiva dell'orbita elittica che essa compie e mentre disegnavo idealmente quella traettoria m'è parso chiaro, evidente che non può essere tutto dovuto al caso, ch'è troppo perfetto, armonico, sincronizzato da essere determinato da un semplice ribollire di gas, da un cozzare di materia che azzeccando l'unica probabilità su un fantastiliardo (espressione paperiniana per definire un uno con una montagna di zeri dietro) ha portato tutto questo ben di Dio. Azz... L'ho detto, l'ho nominato, pur se non invano, ma non volevo tirarlo in mezzo, mi bastava condividere questa sensazione, questo dubbio. Bisogna avere una fortuna pazzesca per azzeccare il numero esatto per vincere la lotteria Italia e ancor più il Superenalotto, figuriamoci per costruire un'intero universo. Pur se non lo capisco (sono in buona compagnia per amor del vero: tutta l'umanità da Adamo in poi almeno), ci dev'essere dell'altro.
Vabbé, non volevo metterla giù dura. Dopotutto, che saranno mai le domande fondamentali dell'uomo ("Chi siamo? Dove andiamo? Ci sarà posto?" riassumeva Woody Allen) per disturbare la stolida quiete a immagine di occhio bovino d'un qualsiasi sabato pomeriggio?

P.S. Come Alkaselzer, visto che a Clara e a qualcun altro erano piaciuti, aggiungo qua qualche altro gioco di parole, di quelli che m'invento nelle notti in cui non giunge il sonno.

Mors tua... Ahia!!!
Natale con i tuoi... Pasqua con i buoi
L'erba del vicino... se l'è fumata lui
Tra moglie e marito... C'è la e
Gallina vecchia... fa l'uovo sodo
Chi di spada ferisce... è maldestro
Una mela al giorno... ha rotto i maroni
Sposa bagnata... un po'... (qui ometto una volgarità)
Se son rose... fanno tre euro l'una
Ride bene... chi non ha i denti guasti
Patti chiari... Walter Smith (questa è per intenditori)
I panni sporchi... puzzano
Chi fa da sé... rischia di diventare cieco
Chi ha tempo... beato lui
Finché c'è vita... devi allargare la cintura
Ogni lasciata... si sente sola
Paese che vai... Fermati!
Scarpe grosse... risuolarle costa un patrimonio
Dimmi con chi vai... Fatti i cavoli tuoi!
Chi non risica... preferisce il Monopoli o il Trivial
Se non è zuppa... ho preparato i crostini per niente

Foto by Leonora