sabato 20 maggio 2023

Separarsi (In quegli occhi limpidi)

È un lembo sottile, un angolo acuto quello che distingue la discrezione dall’indifferenza, il restare vigili sull’uscio dal celarsi oltre la porta, senza segnali di vita e men che meno mano tesa nel buio.
Me ne accorgo seduto da una parte del tavolo, con di fronte una persona che stimo e a cui per mesi non ho inviato neanche un messaggio.
“Non siamo più insieme, ci siamo separati”.
Lo dice così, senza girarci attorno, esaurito il nicchiare cortese e tutti i tentativi di sviare il discorso, un filo esasperata dal mio incalzare, facendomi sentire uno sciocco.
Per due ragioni.
Non aver neppure immaginato che due persone ai miei occhi così complici potessero prendere strade diverse, recidere l'asse del loro giunto cardanico.
Averlo scoperto soltanto adesso, conscio di esser stato latitante nel mezzo, quando chi è amico ne ha più bisogno.
Vorrei rimediare dicendo molto, mi accontento del poco.
Così guardo chi ho di fronte e in quegli occhi limpidi scorgo non soltanto l’esperienza di milioni di persone, ma anche i miei, quelli dei miei figli, di amici, parenti, realizzando che l’unico reagire alla constatazione del “separarsi” è “stare vicino”.

P.S. Appartengo a una generazione e a un ceto in cui il “lasciarsi” non era contemplato, un’opzione che mancava persino nel libretto di istruzioni per l’uso. Quel mondo, pian piano, s’è sgretolato, e anch’io ho imparato che non esistono soltanto i tasti “on” e “off”, ma un ampio spettro, nel mezzo. Così come ho compreso l’ovvietà che al di là di torti e ragioni la “separazione” comporta quasi sempre sofferenza, dolore, stranianento, disagio. Ecco perché al turbamento che inevitabilmente crea occorrerebbe non aggiungere sensi di colpa, carichi emotivi, ipocrisia, stigma, giudizio.

domenica 7 maggio 2023

Figli (Vicini e lontani)

Ogni suo ritorno “a casa” è un regalo grande e pure un piccolo intaglio di emozioni, sentimenti, anche insegnamenti, su cosa significhi essere genitore, su un legame così forte che fa sentire i figli sempre vicini, anche quando scelgono rotte d'alto mare invece d'un ormeggiare quieto, sotto costa, al riparo da bonacce e fortunale.
Abbraccio Giacomo ogni volta che sbarca in Italia da Dublino, mettendomi in punta di piedi e “arrampicandomi” fino alle sue spalle forti, stringendolo per un istante che ha i contorni del sempre.
Gli dico spesso che ha cuore sensibile e testa cocciuta, tale e quale alla madre, eppure non le è “eguale” perché i figli prendono in dote qualcosa dall’una e dall’altro, sono sempre addizioni. Di più. Moltiplicazioni. Per fortuna più di virtù che di vizi, fragilità, debolezze.
Ci preoccupiamo per loro nei più svariati modi e “proteggere” è verbo che vorremmo declinare in tutte le accezioni possibili e immaginabili, costantemente, dimenticando troppo spesso che renderli liberi, indipendenti, fare in modo che ragionino con la loro testa e camminino sulle loro gambe è il solo compito a cui siamo attesi e, anche se a volte costa fatica, soltanto così dimostriamo di amare loro e non noi stessi.

P.S. Diversi. Diversi tra loro, da noi. Una sorprendente varietà di gusti, abitudini, attitudini, desideri, comportamenti, aspirazioni. Pur se chi li osserva da fuori individua in essi un filo rosso, caratteristiche che li accomunano - dal modo in cui sorridono o salutano alla gestualità, ai tratti somatici - è proprio la diversità che li rende unici. E anche se non ce ne accorgiamo, poiché ci manca la giusta distanza, perché risultiamo troppo distanti o troppo vicini, già ora ad essi appartiene il mondo e il mondo, grazie a loro, è un posto migliore.