sabato 6 febbraio 2010

Viale del tramonto (sereno)


Non avendone molte, adoro le giornate di sabato in cui mi alzo senza aver nulla di preciso da fare. Nel pomeriggio, con Giacomo sono andato a far visita all'insegnante di matematica e scienze che avevo alle medie. Si chiama Carolina Valsecchi, ma per noi sarà sempre la professoressa Taborelli, che ora è in carrozzina, accudita in una casa di riposo, pur se la grinta e il piglio sono gli stessi, oggi come allora. Appena entrato mi ha riconosciuto e dopo avermi salutato ha squadrato dalla testa ai piedi mio figlio, dicendogli: "Tuo padre chiacchierava sempre, aveva una parola da dire su tutto, tanto che gli dicevo: tu devi fare l'avvocato delle cause perse, così le vinci tutte!". E' vero, me lo diceva. E non solo quello. In scienze me la cavavo egregiamente, ma in matematica ero un asino, per lo più svogliato, tanto che in terza media fu chiara con i miei genitori. "Giorgio non può continuare a studiare, non ce la farà mai - disse loro - al massimo due anni di scuola professionale". Si sbagliava, ma gliene sono sempre stato grato, perché senza scogli le onde non riuscirebbero a salire tanto in alto e lei fu per me quella roccia, quel masso. Vuoi per orgoglio, vuoi per spirito di contraddizione, è anche pensando a quelle parole che ho sempre tenuto duro, prima al liceo, poi all'università, infine sul lavoro. Oggi però non gliel'ho detto, ho preferito rimanere in ascolto, apprezzando la vivacità mentale che ha conservato, nonostante l'età e un ictus. Mi ha fatto sorridere, riflettere, commuovere persino, quando mi ha detto che non ha più voluto passare nella casa della Malpaga, a Lurate, dove ha trascorso una vita e che alla fine ha venduto. Così rimarrà sempre come l'ha vissuta, nel ricordo. Gli occhi azzurri però sono tornati a guizzare un istante dopo, quando mi ha parlato dei cinque nipoti. "Sei - mi ha detto - perché una s'è sposata e ora è mio nipote anche il marito". Ci siamo salutati dopo un'ora, con la promessa che tornerò a trovarla di nuovo. E' stato un bel pomeriggio.


Foto by Leonora

3 commenti:

Wilma ha detto...

Quello che a me è apparso un mistero, leggendo ciò che scrivi, è il tuo legame con lei nonostante la lapidarietà con cui tracciò la prospettiva del tuo futuro...Sebbene ciò che si intuisce, tra le righe, è un'affetto fatto di sguardi e di gesti,che va al di là delle parole dette. Forse lo scoglio che ha fatto salire l'onda fu quello...

Giorgio ha detto...

L'affetto c'è adesso, poiché il tempo è un fiume che leviga e smussa gli angoli e, insieme, un setaccio in cui filtrano le cose buone. Per molti anni, finite le medie, non è stato così. Mi sembrava di aver subìto un affronto, un torto, di non essere stato capito. Solo più tardi, guardandomi indietro, mi sono accorto di quanto fosse stato utile lo scoglio. E adesso, alla comprensione, s'è aggiunta la tenerezza per una persona al tramonto, con ogni frizione rimasta alle spalle e pure il riconoscimento che era sì ruvida lei, ma anche io un bel po' lavativo..

silvia ha detto...

Come sempre la distanza, di tempo e di prospettiva, permette di vedere meglio le cose, e anche di addolcire i ricordi. Capita a tutti di apprezzare un certo prof solo dopo essere usciti dal capitolo "scuola": succede quando capisci quanto quell'insegnante, al di là di tutte le incomprensioni vissute in classe, sia stato AUTENTICO, con te.
A me è capitato con Totò, ma credo di averne già scritto.