mercoledì 24 novembre 2010

Sulle spalle dei giganti


Ambrogio toglie la protezione anti grandine. Domani o dopo dicono che nevicherà e teme che il peso divelga la rete che teneva al riparo le viti, ormai non più gravide d'uva. E' una stagione che si spegne, questa. Forse anche la sua, anche se non ha ancora settant'anni e un fisico che nonostante qualche recente acciacco mette invidia. Gli voglio bene, pur se è uomo da nessuna smanceria e sa essere sarcastico e duro e tagliente come i metalli che ha commerciato per un vita. Per trent'anni di lavoro ha fatto coppia con mio padre, anche se era lui che portava in dote un mestiere e nel bene e nel male teneva di tutta la baracca le briglia. Entrambi gran lavoratori, avevano un carattere opposto: lui più irruente, scaltro, dinamico, strategico; più riflessivo, metodico, ordinato, paziente mio padre. Avevano un punto d'equilibrio proprio nel fatto che nessuno dei due si tirava indietro, in una generosità di fondo e una praticità poco pignola, tipica degli uomini (le donne non me ne vogliano). Non sono stati estranei da incomprensioni, litigi persino. Li hanno superati, dando esempio di cosa significhi la parola amicizia. Con Ambrogio ricordo innumerevoli momenti. La prima parolaccia sentita, la prima presa in giro subita, il pianto commosso quand'è morto Mario, suo padre, brianzolo purosangue, che ha comprato e venduto pelli di coniglio da quando aveva ancora i denti da latte fino a che ha chiuso gli occhi l'ultima volta. Quando all'inizio degli anni Settanta stavamo costruendo la casa fu Ambrogio, senza salamelecchi né fronzoli, che ci prestò una somma che ora appare piccola ma che allora era essenziale per arrivare al tetto e tirare al fiato, senza ricorrere a una banca. Quando leggo del miracolo economico, del produttivo nord ch'è riuscito a lasciarsi alle spalle la miseria, penso ad Ambrogio e a mio padre e a decine di migliaia come loro, che sono andati in vacanza meno volte di quante in una mano le dita. E' lavorando dieci ore al giorno, aiutandosi a vicenda, che hanno costruito mattone su mattone non soltanto una casa, ma anche il benessere di cui godiamo ora, le fondamenta di un futuro in cui un paio di scarpe ai piedi non sono più un lusso e l'unica cosa che manca è forse il latte di gallina. Non gliel'ho detto oggi, quando sono andato a trovarlo, perché mi avrebbe turato la bocca con l'ironia, dicendo che sono il solito esagerato, sentimentale, che la metto giù dura. "Cala, trinchetto" mi avrebbe detto. Però lo penso davvero. Lunghi anni ad Ambrogio, che non è un santo ma un gigante sì. E' salendo sulle spalle di tutti quelli come lui che noi riusciamo a sfiorare il cielo, sorridendo alla vita.

Foto by Leonora

1 commento:

silvia ha detto...

Sono belli, questi tuoi ritratti di uomini veri.
ciao