domenica 10 febbraio 2013

Un segno di vita (dall'hotel Mille Flebo)

Foto by Leonora
Raffaele tace spesso e lo rispetto ancora di più per questo suo comprimere emozioni e parole. Rosy, sua moglie, è più sanguigna, passionale, entusiasta. Discutiamo di politica con opinioni differenti ma senza arroccarci su partiti, schierimenti, bandiere da sventolare o da bruciare, bensì confrontandoci sui problemi concreti: scuola pubblica e privata, sanità, amministrazione comunale... Ci animiamo, talvolta alziamo pure la voce eppure l'amicizia, il rispetto per l'opinione altrui fa sempre premio sulle convinzioni personali e ci incontriamo sempre, anche quando restiamo distanti. Merito dell'estrema pulizia che distingue entrambi, con zero interessi e un solo interesse: il bene comune, le scelte migliori per una società più giusta, fraterna, libera.
Debbo a loro - oltre che a mia moglie Isabella e a mio figlio Giacomo - il cordone ombelicale che ancora mi tiene legato all'amministrazione del mio paese, che in tre anni mi ha visto passare da una cordiale accettazione del vincitore (il sindaco Palamara) a una siderale distanza fino all'insofferenza di questi tempi, poiché l'uomo tutto sommato mite d'inizio mandato s'è trasformato in un despota, che non sente ragioni altrui e fila dritto per la sua strada. Non discuto la facolta che ha di scegliere (è un suo diritto) ma il rifiuto del dialogo e la prepotenza con cui nei fatti cancella il dissenso. Raramente ho incontrato una persona che nei fatti nega così palesemente ciò che professa a parole: dice di essere il sindaco di tutti, non lo è. Non è il mio, ad esempio, e non lo è dal momento in cui dice: "Ascolto tutti ma ho già deciso". Mi spiace non tanto per il paese dove abito (ne ha viste delle brutte, sopravviverà anche a questo) bensì per lui, perché aveva un'occasione di riscatto politico e personale e invece ha preferito il bastone del comando all'arte del governo. Pazienza.

P.S. A proposito di amministrazione. Ieri l'altro, spulciando tra vecchie mail, ho trovato questo messaggio di auguri (tutto in minuscolo) dell'allora vice sindaco, Renato Riva. Era il 24 dicembre del 2008. Mi sono commosso nel rileggerla, poiché non ha avuto scampo dalla malattia di cui accenna lì (l'hotel Mille Flebo, come chiamava lui - ironico fino alla fine - l'ospedale di Pavia). Allora non lo immaginavo, ma ora che so com'è andata mi sembra ancor più ricca, pur nell'estrema semplicità dei contenuti. La trascrivo qui, per l'attuale sindaco Palamara, per i consiglieri di maggioranza e opposizione, per i tanti abitanti di Lurate Caccivio che l'hanno conosciuto e anche per chi non sa chi sia e soprattutto per me, orfano di un'amicizia. Finché ha vissuto Renato è stato un tessitore di reti, un costruttore di ponti e mai di muri. Nel suo piccolo, è questo il segno di vita che mi ha lasciato. Non lo ringrazierò mai abbastanza.

carissimi tutti,
ogni natale nasconde qualche regalo inaspettato e inatteso.
alcuni sono belli e riempiono la vita come il bimbo che nasce e porta la vita, quest'anno il mio è un po' diverso, ma lo stesso spero riporti alla vita di tutti i giorni con lo stesso entusiasmo di sempre e la stessa corroborata voglia di fare e di esserci per lasciare, nel nostro piccolo,. un segno di vita .
e allora ancora con tutto il cuore buon natale.

dall'hotel mille flebo  pavia          renato

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