mercoledì 26 giugno 2013

Il regalo di Furkan

Foto by Leonora
L'emozione l'ho lasciata sedimentare, convinto che il tempo mutasse la contrazione del cuore in un battito quieto e regolare. Non è stato così e allora mi decido a scriverlo qui, per lasciare traccia di un fatto che si può raccontare ma senza coglierne l'essenza, quell'attimo in cui tutto si ferma e dentro di te si forma una fotografia.
Furkan è un bimbo di dodici anni, forte e robusto come certo i suoi antenati, e con un taglio degli occhi ch'è come un dono, perché sembrano sempre che rida. Furkan è compagno nella squadra di calcio di Filippo, Andrea, Nicolò, Edoardo, Samuele, Daniele, Alessandro, Francesco, Giovanni... Furkan è nato in Turchia ed è venuto in Italia che sapeva appena camminare. Furkan tornerà in Turchia perché in Italia non c'è da lavorare e il padre dopo averle tentate tutte è stanco di insistere e non sopporta l'idea di farsi mantenere. Così, dopo anni che abitano nel nostro paese, il prossimo mese di agosto faranno fagotto e se ne torneranno a Istanbul, dove uno zio ha promesso di aiutarli, anche se - potessero scegliere - rimarebbero qui, avendo in Italia trovato affetto, amici, casa.
Dieci giorni fa, per la conclusione dela stagione sportiva, è stata organizzata una partita tra genitori e figli e poi una pizzata in compagnia, sui tavoli di lamiera zincata dell'oratorio. Alla fine Ciccio, l'allenatore, ha chiamato attorno a sé tutti i bambini e da un sacchetto di carta ha tolto un pallone di cuoio bianco, con tutte le firme dei bambini e la sua. "Io credo che l'amore sia come un grande cerchio - ha detto - ed è più forte di tutte le differenze, di tutte le distanze. Questo pallone è per te, Furkan, è il nostro regalo, perché sappiamo che tra qualche giorno torni in Turchia, ma così ti ricordi che noi siamo i tuoi amici e che non ti dimenticheremo mai, che ci saremo sempre...".
Ecco, lo sapevo. Anche a scriverlo adesso, pur se sono passate quasi due settimane, mi viene un groppo in gola e mi diventano gli occhi lucidi, gli stessi che aveva lui quando le pronunciava e i bambini e Furkan e la mamma di Furkan, una donna che ho sempre visto con il capo coperto e il cui viso è tale e quale a quello di una madonna. Il figlio dopo un secondo, per superare l'emozione, è corso via, mentre lei per due minuti che sono sembrati infiniti è rimasta lì, come sospesa, senza dire una parola ma dicendo tutto con quegli occhi lucidi che guardavano un po' noi e un po' a terra.
Non so chi abbia detto qualche cosa per rompere quell'indugio, forse io stesso, oppure Ciccio, però so che in quegli istanti mi si è spezzato in due il cuore e ho ricordato che davvero ha ragione Saba e non solo il belato, ma anche il silenzio strozzato è fraterno al mio dolore, accumuna gli uomini al di là di sesso, provenienza, mestiere, idee, opinioni, nascita. Avercelo ricordato è il regalo che Furkan e la sua famiglia hanno fatto a noi.

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