venerdì 5 luglio 2019

Meno teoria (Imparare, dalla vita)


Imparo sempre, da tutti. Da coloro con i quali cammino accanto, fianco a fianco, per scelta, così come da quanti incrocio per caso, in un istante che illumina la strada.
Nei giorni scorsi sono stato testimone di storie che per motivi differenti hanno offerto lezioni di vita.
La prima ha per protagonista Mustafà, il portiere della squadra di calcio del San Carlo, che ha vinto il torneo dei rioni al mio paese. Mustafà viene dal Senegal, ha poco più di vent'anni e la pelle colore della notte, ma non la nostra, la sua, quella di quando in Africa non c'è la luna. Mustafà non doveva giocare, qualcuno aveva storto il naso e sulla scia di quanto avviene per questioni simili la discussione sui principi stava portando al muro contro muro o al tavolo ribaltato, della serie: "Se è così ciascuno per conto suo e non facciamo nulla". Poi la squadra in questione non aveva il portiere, la necessità è diventata virtù e quello che la teoria impediva s'è trasformato nei fatti in un'opportunità di comprensione, di integrazione, di crescita. Il San Carlo ha meritatamente vinto il torneo, anche grazie alla bravura di quel ragazzo che non ha cittadinanza italiana ma un talento utile per gli altri e chi prima storceva il naso alla fine ha festeggiato con lui, come meritava.
La seconda riguarda il tennis, tre ragazze del Circolo Città dei Mille di Bergamo, sconfitte l'anno scorso davanti al pubblico di casa nella finale dei playoff nazionali e che quest'anno la stessa finale l'hanno vinta, a Messina. Un successo che corona una stagione intera ma che personalmente mi ha impressionato per la varietà delle giocatrici e nel contempo la possibilità di fare leva proprio sulle diversità per centrare un obiettivo, dimostrandosi una squadra.
Ksenia è una professionista, gioca per denaro, gira mezza Europa per tornei ed è una macchina. Lo sport per lei è uno scalino, uno strumento, e lo approccia con lo stile con cui i suoi avi pescavano nei laghi del Kirghizistan, con metodo e costanza, poca fantasia, molta efficienza, puntando al risultato, senza fronzoli o filosofia.
Chiara, la più giovane del gruppo, è colei che mi ricorda più i miei figli, Giacomo soprattutto. Lo scrivo perché così come per lui ho l'impressione che invece di essere sottoposta a pressione per giocare al meglio abbia bisogno di mente sgombra, di tranquillità, di lasciare che il braccio e le gambe ragionino, non la testa. Il talento non le manca (come ha dimostrato nel tie-break finale e decisivo del doppio), è lo sprone altrui, la carica a molla che per lei rischia di diventare una briglia.
Infine Stefania, una persona speciale, che conosco e ammiro da anni ed è una dimostrazione infinita di cosa significhi non mollare mai, andare oltre l'ostacolo, avere cuore, anima, grinta. Non per caso in due campionati di fila non ha perso una partita, portando a casa pure il singolo di Messina. "Sul campo do tutto, non sempre seguo la ragione, agisco d'istinto e sono impulsiva" ha scritto su Instagram. E' vero, per questo ogni volta che gioca mi emoziona ed è diventata per me un esempio, nel lavoro, nella vita, tanto che quando sono tentato di lasciare perdere - mentre sto scrivendo un articolo oppure quando corro sotto il sole cocente e avverto forte la fatica oppure quando affronto una discussione che non mostra traccia di soluzione alcuna... - me la immagino in campo, con la sua faccia seria, la postura che la fa sembrare più imponente di quanto in realtà sia, e stringo i denti, tengo duro anch'io, scoprendo che per imitazione si possono apprendere doti preziose quanto rare, quali la determinazione, la tenacia, la perseveranza.

P.S. "Gli innocenti non sapevano che quella cosa era impossibile e la fecero". La fecero. Fatti, non parole. Storie, non teoria. Lo appunto qui, poiché anche io corro il rischio di arrovellarmi sulle idee, di incaponirmi sui principi. Nella vita però è importante sì fissare alto lo sguardo, ma altrettanto tenere i piedi saldi per terra, sporcarsi le mani anche, impastare le idee con il sudore della fronte, i sacrifici, la fatica, l'esperienza. Lasciando che tutto ciò sia come il greto di un torrente, di un fiume, che non lascia mai tali e quali i ciottoli che incontra, ma li leviga, modella, trasforma.

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