giovedì 15 maggio 2008

Democratici "perbenino"


Note a margine di una giornata di maggio.
Pausa pranzo, lettura dei giornali, politica estera. "La Repubblica" dedica una pagina a "La corsa alla Casa Bianca", con il duello sempre aperto tra Barack Obama e Hillary Clinton per la nomination democratica. Un argomento che mi è caro perché - come ho ricordato qualche giorno fa, parlando ai compagni di scuola di mio figlio - in quinta elementare la maestra per un intero trimestre ci fece "fare" un telegiornale, nel senso che ognuno di noi bambini aveva il compito di vederlo (l'unico che c'era, sulla Rai, canale 1, detto anche "Nazionale") e farne poi un rendiconto. La maestra, che si chiamava Emiliana e morì giovanissima, assegnò ad ognuno i vari settori e a me capitò la "politica estera". Lo rammento bene, poiché era in corso la campagna che condusse Jimmy Carter per la presidenza degli Stati Uniti e io, dal divano di casa mia, la seguivo passo passo, raccontandola ai compagni di scuola il giorno successivo e provando per quell'uomo chiaro di carnagione e, in generale, per quella "cultura politica" una certa simpatia.
Una buona disposizione che provo tuttora, anche se non posso fare a meno di sorridere per alcune curiosità.
Leggo sulla citata "Repubblica" a firma del corrispondente Mario Calabresi: "Barack Obama si comporta come se la Clinton non esistesse più: martedì sera non ha fatto il comizio con cui solitamente si commenta il risultato elettorale e non avendola trovata al telefono per congratularsi, si è limitato a lasciarle un messaggio sulla segreteria".
Ecco, a me, questi americani, che si telefonano per congratularsi dopo ogni risultato elettorale, considerando che le primarie si tengono ogni paio di settimane, fanno sorridere. Ancora di più se penso a Obama che chiama e, non trovando la Clinton al telefono, le lascia un messaggio sulla segreteria.
E dopo, quando ho smesso di sorridere, penso che anche se ci sforziamo di assomigliare a questi americani (vedi dibattito di ieri in Parlamento, per la fiducia a Berlusconi) non saremo uguali mai. Ed è giusto che sia così: non abbiamo passato migliaia anni di storia per candidi convenevoli al telefono. Io stesso, pur anelando la loro fresca ingenuità e non essendo dissimile per carattere da loro, parteggio assai più per quella sanguigna schiettezza che in Toscana, e a Firenze in particolare, ma pure in buona parte delle altre cento città d'Italia, trova tuttora i suoi campioni più veraci ed amabili.
Ne ho in mente uno che non c'è più, il pittore Ottone Rosai, raccontato mirabilmente da Montanelli, che aveva in uggia il collega Berto Ricci e tutti quelli come lui, che definiva così "perbenino".
Per fortuna, quando è morto Rosati, non c'erano ancora i cellulari né la segreteria telefonica, perché non ho dubbi sul messaggio, così poco "perbenino", che avrebbe lasciato a chiunque si fosse trovato all'altro capo del telefono.
Foto by Leonora

Nessun commento: