domenica 4 gennaio 2009

L'illuminazione


Ci sono coincidenze che mi sorprendono. Una di esse m'è capitata stamattina, quando Don Pierpaolo, il sacerdote che ha celebrato la messa delle 11.30 nella parrocchia di Caccivio ha tenuto l'omelia. Questo il riassunto: nel Vangelo proposto oggi dalla liturgia ambrosiana, Gesù entra nella sinagoga, prende un rotolo delle Scritture e legge un passo del profeta Isaia. Se però si mette a confronto ciò che riporta Luca nel Nuovo testamento e quel che è scritto da Isaia nell'Antico Testamento, si nota che delle sette frasi del profeta Gesù omette di leggerne una (quella che parla della "vendetta di Dio"). Don Pierpaolo motiva così l'omissione: Gesù in quella scelta sottolinea che a Dio sono attribuibili "solo cose buone". E di "solo cose buone" ha continuato a parlare anche nel resto della predica. Cosa c'è di strano? Nulla, tranne che proprio oggi, sul giornale, abbiamo dato il via a una serie di articoli sull'ottimismo e io ho scritto un commento intitolato proprio: "Solo cose buone". Ora, dato per scontato che Don Pierpaolo (docente al seminario di Venegono e dunque poco interessato alle vicende comasche) non legge "La Provincia", è curiosa la coincidenza tra l'espressione usata da lui e il concetto che da qualche giorno mi frulla per la testa (e da cui ho preso spunto per la serie di articoli-intervista). Curiosa e significativa: per me vuol dire che di cose buone c'è proprio bisogno e beati coloro i cui occhi sanno vederli e il cuore goderne.
P.S. Se avete un motivo per cui siete ottimisti e volete scriverlo, ve ne sarò grato. Secondo me, come ho scritto oggi sul giornale, l'ottimismo non è soltanto uno stato d'animo, un dono ricevuto, ma anche e soprattutto una scelta possibile per guardare il mondo e affrontare la vita, giorno per giorno.
Io, ad esempio, pur se gli economisti annunciano una terribile crisi, sono convinto che il tempo che ci aspetta sia ricco e fecondo e, sommato tutto, lieto. Forse saremo più poveri finanziariamente, non umanamente. Ricordo ciò che scrive Luca De Biase nel preludio del suo libro "Economia della felicità": "Un nuovo contesto culturale è davanti a noi. Una cultura che per ora non ha forma definita. Ma che lascia segnali sempre più chiari. In questa cultura si recuparano valore precedentenete compressi. Il valore del tempo da dedicare alle persone. La sapienza di sapere distinguere quello che vale e quello che non vale. La ricchezza della qualità. L'indifferenza per l'ostentazione. In questa cultura si rivaluta ciò che non ha prezzo. Perché quello che dà significato alla vita non si misura con la moneta: l'amore, la bellezza, la tenerezza, l'amicizia, la passione per fare bene quello che si sa fare".

Foto by Leonora


3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Giorgio!
Sono d'accordo con te: meglio concentrarsi sulle cose buone piuttosto che su quelle non buone.

Non vale la pena angosciarsi per tutti i problemi del mondo e dell'umanità perchè non siamo certo in credo di sostenerne il peso.

Ti lascio una cosa buona che ho imparato nel mio viaggio in Terrasanta da cui sono appena tornata: solo un Altro con la A maiuscola è in grado di portare la pace e sconfiggere il male (anzi, lo ha già sconfitto).

Quindi di cosa di preoccupiamo? Ci è solo chiesto di affidarci e credere in Lui. Il resto verrà da sè :)

Ciao!!

Leo

Capt. James T. Kirk ha detto...

Caro Giorgio, anche io, come te, sono ottimista per DNA. Commento quanto hai scritto con un aforisma di Einstein: "E meglio essere ottimisti e scoprire di avere torto piuttosto che essere pessimisti e scoprire di avere ragione".
ciao
Edoardo

Giovanna Alborino ha detto...

condivido in pieno i tuoi ultimi pensieri, anche io sono una persona ottimista e d'altronde qualche soldo in meno, se si ha la ricchezza d'animo, fa' piu' bene che male...

cari saluti