Foto by Leonora |
Sono una persona normale, con molti difetti, tra cui una dose abbondante di egoismo, un'attenzione a non farsi troppo coinvolgere dalle emozioni, una ricerca di tranquillità più forte dei dubbi esistenziali. E quando proprio proprio certi accadimenti costringono a fermarmi, a pensare, cerco di riportare tutto nei binari del possibile, senza vaneggiare di poter cambiare il mondo, se non con i piccoli gesti.
Sono una persona normale, mi sta a cuore soprattutto la felicità dei più vicini, a cominciare da me stesso, dai miei figli. Ecco perché la sensazione più desolante è volerli proteggere dalle sconfitte, dalle delusioni, dai fallimenti, senza riuscirci.
Eppure è proprio non riuscendoci, non mettendoli eccessivamente al riparo, che li si fa crescere forti, robusti, per cui un giorno sì e l'altro pure combatto tra il desiderio di far loro da scudo e la volontà di spingerli dal trampolino, in un tira e molla interiore spesso logorante.
Prendiamo Giacomo. Grande e grosso più di me, si capisce che sta maturando dentro, anche perché il sorriso gli nasce meno spontaneo di un tempo, la vita lo sta plasmando e non è propriamente un massaggio benefico, assomigliando in qualche caso più a un rullo compressore che lo schiaccia, a un vento che lo scuote. La tentazione è di farlo tornare bambino, di poterlo stringere tra le braccia e insieme sollevarlo, da terra e anche dalle frustrazioni. Abbandono l'idea con rammarico, sapendo che il suo è un passaggio obbligato e per quanto possa essere attento, efficiente, presente, dovrà sempre più cavarsela da solo, perché soltanto così un giorno farà a meno di me, come io ho continuato nonostante l'assenza di mio padre.
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