lunedì 2 luglio 2018

Il palombaro di ritorno (scriviamoci e incontriamoci di più)


Nell'attuale società liquida informazioni e relazioni sono fitte, eppure restano quasi sempre in superficie.
Ed io, che pur in questo mare navigo a mio agio, avverto sempre più spesso il desiderio di tornare ad essere il palombaro che ero da ragazzo: più solo, ma anche più capace di "nuotare profondo".
Che poi, ridotto in spiccioli, si potrebbe tradurre in qualche desiderio.
Vorrei tornare a scrivere delle lettere, ad esempio. Lettere, non messaggi, nessun epigramma, niente faccine che piangono o sorridono. Fogli di carta bianca, vergati a mano, possibilmente con penna a stilo. Al più, delle mail, indirizzate agli amici e alle persone che stimo.
Vorrei tornare soprattutto a "incontrarmi", quei momenti comuni di discussione, di confronto, di dialogo, che quando ero ragazzo non passavano due sere di fila senza che ce ne fosse uno. Politica, scuola, religione... Ogni spunto era buono. In quella fucina sono stato forgiato, ho imparato attraverso gli altri a formarmi una coscienza, che poi diventava patrimonio comune, condiviso. In quelle serate dicevo la mia, ascoltavo parecchio, cambiavo idea pure quando la mantenevo, nel senso che non era raro si rafforzasse, anche soltanto per doverla affinare con l'obiettivo di esporla o di puntellarla affinché assorbisse l'urto avversario.
Mi mancano quei momenti, lo ammetto. Credo che nell'attuale scorrere dei giorni, connessi in ogni istante come siamo, ciascuno con gli occhi puntati sul proprio telefonino, sia sempre più urgente la necessità di "riunirsi", di luoghi anche fisici di scambio.
Se è vero infatti che in un certo periodo storico ne abbiamo abusato (mi viene in mente il post Sessantotto e certe tendenze all'assemblearismo), oggi rischiamo l'esatto contrario, cioè l'assenza, l'autoreferenzialità, il vuoto, ciascuno che va avanti con il proprio paraocchi, vince chi urla di più e non importa se capisce di meno.


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