domenica 10 gennaio 2021

Un medico, un uomo (I dottori sono bravi se indovinano)

Un salto in lungo, a scavallare l'anno, dalla vigilia di Natale fino ad oggi, che è un giorno speciale, quello in cui tredici anni fa se ne andava mio padre, anche se "andarsene" non è verbo adatto, poiché lo sento accanto a me, ogni momento.
Per uno dei riccioli che ricamano le coincidenze trasformandole in destino, poche ore fa, ieri, è morto Giovanni Sassi, che di mio padre era coetaneo, oltre che medico.
I dottori, si sa, sono bravi se indovinano, e lui con mio padre aveva azzeccato tutto: la prima diagnosi della malattia, l'aspettativa rassicurante di vita dopo il primo tumore, la preoccupazione per il secondo, risultato fatale cinque anni dopo.
Ecco perché alla simpatia personale aggiungo la stima per il professionista che è stato, con i pazienti di poche parole e ieratico, salvo rivelarsi colto, curioso e addirittura civettuolo per certe sue passioni, conosciute soltanto dai famigliari e dagli amici più intimi, con i quali restava asciutto, ma altrettanto sagace, pronto di spirito.
Figlio a sua volta del medico condotto (Roberto) e fratello di un altro storico dottore di famiglia (Ulisse), "Giannetto" ha vissuto l'epopea dei miracoli della tecnica, con l'evoluzione vertiginosa della scienza applicata al campo sanitario, senza però abbandonare il fondamento filosofico e quelle pratiche millenarie che hanno permesso agli uomini di prendersi cura dei loro simili, ascoltando, auscultando, tastando, osservando.
Fino a quando è andato in pensione sono stato suo paziente io stesso e non dimenticherò mai l'odore del suo studio, la concisione garbata delle sue visite, la disponibilità ventiquattr'ore su ventiquattro.
Avevo immaginato per lui una vecchiaia serena, nella sua bella casa in stile inglese al centro del paese, seduto su una sedia a dondolo, sotto un albero, in giardino.
Il destino ha voluto diversamente e voglio ostinarmi a pensare che sia giusto così, anche se per chi gli voleva bene è impossibile crederlo, desiderando di averlo accanto ancora un ventennio. Il Covid ha accelerato tutto, rendendo abisso il solco che un male peggiore aveva già scavato e che lo avrebbe fatto deragliare pian piano, impedendogli di continuare il mestiere che non ha mai smesso e di essere ciò che è sempre stato: un medico, un uomo.

P.S. Al figlio Riccardo, di cui sono amico, ma anche agli altri figli, Maria e Roberto, così come ai molti nipoti e soprattutto alla moglie Camilla va il mio abbraccio. Immagino quanto sarà arduo questo tempo, però so che anche loro, come capita a me con mio padre, passato il turbine del dolore lo sentiranno ancora accanto, ogni momento. 

Nessun commento: