La cosa avvenne da sé naturalmente, senza una data precisa, ma associo quel passaggio al coltivare un talento presente già prima: la capacità di vedere il meglio degli altri, di osservarli sotto una luce che brilla.
Non lo faccio per vezzo, piaggeria, cecità verso il male o eccessiva indulgenza.
Credo piuttosto sia questione di indole, di formazione, di convinzione che in ogni essere umano ci sia una scintilla di divinità, un'impronta di bontà, a dispetto di qualsiasi cattiveria (di cui per altro diamo spesso prova).
Anche se penso al lavoro, alle relazioni, credo che una qualità sia quella di trarre il meglio dagli altri poiché io per primo in essi vedo il meglio.
Un talento, dicevo, e pure un esercizio, una capacità che è possibile allenare. Anche, non soltanto, "portando gli occhiali".
P.S. A proposito di "vedere meglio". Considero Alessandro Baricco lungimirante, abile nel guardare lontano, e addirittura visionario, in grado di arrivare con lo sguardo oltre.
Oltre la linea d'orizzonte, là dove l'aritmetica degli occhi non arriva e occorre l'azzardo della mente, dei teoremi, delle arrampicate verticali, lo spettro degli infrarossi per cogliere un pezzetto di verità nascosta ai più e partendo da esso per ricostruire l'intera mappa.
In questo il saggista Baricco ha pochi rivali e gli sono grato poiché - da "Next" del 2002, passando per "I barbari", "The Game", "Quel che stavamo cercando", fino al recentissimo "Mai più", quattro articoli con cui ha inaugurato la collaborazione con "Il Post" - è da vent'anni quasi esatti mi fa da lanterna.
Qui trovate la prima puntata, poi è stata pubblicata la seconda, continuando con la terza, concludendo con la quarta e ultima. Per chi ha desiderio di immaginare il futuro, e anche il presente, buona lettura.
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