Chiudo gli occhi davanti alla tv dei “talk show”, del reiterato teatrino recitato a soggetto; chiudo gli occhi nei discorsi di chi parla più di un minuto; chiudo gli occhi persino in chiesa, dove mi pare si moltiplichino le parole per colmare il vuoto di un’istituzione che fatica a leggere i segni del tempo.
La faccio breve, per non esagerare anch'io: il luogo in cui mi trovo meglio, in questi mesi, non per caso è il giardino. Che ha due meriti: allena al silenzio e mi ammaestra alla pazienza, a una crescita non percepibile con lo sguardo.
P.S. In giardino gli occhi occorre tenerli aperti per la causa (gli atti di cura dell’uomo, il coltivare), non per l’effetto, il mutare della natura, che ha un altro passo, inarrestabile e inafferrabile, così lento che i nostri sensi non riescono a coglierne il mentre, il presente, ma soltanto un prima e il dopo, il non ancora avvenuto e il già successo.
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