Questa di Marinella è la storia vera. Doppia. Perché Marinella è la signora che abitava alle porte di Como ed è stata trovata morta, seduta al tavolo della cucina, senza che nessuno in oltre due anni si interessasse o insistesse nel suonare alla porta. Una vicenda straziante, che giustamente, comprensibilmente, interroga tutti sui pericoli del menefreghismo, dell’indifferenza, di una comunità che smette di essere tale per eccesso di privacy, di riservatezza.
Ma Marinella si chiama anche mia zia, che abita anch’essa da sola a una manciata di chilometri dalla prima, ottant’anni compiuti da poco, con dei vicini, Attilio e sua moglie Dina, che quando la mattina vedono le tapparelle abbassate, sapendo che solitamente si alza all’alba, la chiamano al telefono per chiedere: “Tutto bene Marinella?”.
Ora, tra le due Marinella, a parte il nome, in comune c’è poco o nulla. A cominciare dal fatto che mia zia ha comunque due figli e quattro nipoti che pur non abitando nella stessa casa sono presenti ogni giorno, non le fanno mancare nulla, oltre a vivere in un quartiere in cui tutti si conoscono da una vita.
Se scrivo di queste due vicende, portandole a paragone, è per un motivo semplice.
Due, anzi.
Primo: per evitare che si faccia di tutta l’erba un fascio, abboccando alla trappola del pessimismo cosmico (quello di William Golding, per chi conoscesse un po’ di letteratura, e del suo “Il signore delle mosche”, romanzo straordinario, ma che qualcuno pretende ancora di spacciare per trattato sociologico, smentito dai fatti, prima ancora che dagli studi, come spiega mirabilmente lo storico Rutger Bregman).
Secondo: per invitare chiunque, me per primo, ad essere come Attilio e Dina, a non farci soltanto gli affari nostri, a distinguere l’impicciarsi pettegolo dall’attenzione verso l’altro, il curiosare fine a se stesso dal prendersi cura.
P.S. “Sei sempre al telefono!” brontolo spesso con mia mamma, un anno maggiore della zia Marinella, fingendo di prenderla in giro, in realtà a volte seccato veramente per quel suo chiacchierare per minuti e minuti di fila, che per la legge di Murphy coincidono quasi sempre con le volte in cui rientro da Bergamo e passo a trovarla.
Lo ammetto pubblicamente: sono proprio un pirla.
Per fortuna alla reazione istintiva viene in soccorso la ragione.
Una telefonata infatti non allungherà la vita, come recitava una vecchia pubblicità, certo però la rende meno sola, più... viva.
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