Ieri discutevo con Maddalena dei social network e, nonostante lei sia assai giovane, riflettevo tra me e me che non fa parte della "Generazione Facebook".
"Generazione Facebook" o più correttamente " Generazione Social network", potranno essere definiti coloro che non hanno conosciuto il mondo prima che essi esistessero. La differenza è quella che passa tra uno per cui l'inglese è lingua madre e un altro che invece ha parlato, magari anche benissimo, a parlarlo.
Maddalena, con i suoi ventun anni, non sa come stavano realmente le cose prima dei telefoni cellulari. Credo non ricordi (ma glielo domanderò) cos'erano i gettoni della Sip, che costavano prima cinquanta, poi cento e infine duecento lire e servivano per telefonare dagli apparecchi pubblici. Maddalena non sa come si viveva senza sms, mentre ricorderà per tutta la vita che nelle relazioni interpersonali, prima di Facebook, se la cavava lo stesso egregiamente (ma indubbiamente peggio, di oggi, che per raccogliere il parere sull'idea di un centro culturale gli basta un clic e subito centinaia di persone possono risponderle in merito).
Da parte mia, sono escluso sia dalla "Generazione cellulare", sia da quella dei social network, pur usando proficuamente l'uno e l'altro.
Ricordo infatti benissimo le sere d'estate, innumerevoli sere d'estate, passate sul piazzale della chiesa ad attendere che Elena e poi Isabella e le sue amiche passassero davanti in bicicletta. Un incrocio di sguardi e via, fino al giorno dopo, più o meno alla stessa ora, se eravamo fortunati. Altrimenti, di giorni ne passavano tre o quattro, settimane intere o mesi, da settembre fino al maggio successivo, perché le ragazze d'inverno non uscivano. Un contatto vero e proprio avveniva due, tre volte al massimo all'anno. Durante le feste comandate. Il venerdì santo o il palio del paese: momenti sfuggenti, in cui non c'erano molti argomenti, poiché si conosceva poco dell'uno e dell'altro. Più che altro erano sogni, vaneggiamenti che al culmine non producevano nulla se non sorrisi timidi, che però permettevano di sognare ulteriormente, a lungo. Sto parlando dei miei tredici, quattordici, quindici anni. Non c'erano sms, al massimo bigliettini furtivi, scambiati all'intervallo. Ricordo quelli di una mia compagna delle medie, me li lasciava in mano e io mi vergognavo come un ladro, perché non mi piaceva, ma non avevo cuore di dirglielo. E parimenti ricordo tutti quelli che avrei voluto mandare a chi mi faceva mancare il fiato, ma non mi riusciva mai di dirglielo. Chissà se ci fosse stato Istant Messanger, o addirittura Facebook. Probabilmente sarebbe stato altrettanto magico e misterioso d'un tempo e io imbranato lo stesso.
P.S. Meglio chiamarla "Generazione Social network" perché Facebook dopotutto non è che una marca, un logo, come lo era Altavista, poi sostituita da Yahoo e ora da Google. E scambiare la marca con il mezzo comporta curiosi anacronismi, come gli svizzeri, che chiamano ancor oggi "Natel" il telefono cellulare, nonostante il "Natel" sia nel frattempo diventato Nokia, Samsung, Motorola, Sony...
P.S.S. Maddalena, mesi fa, ha scritto un bellissimo post (lo trovate qui) su Facebook e su alcuni effetti collaterali che può comportare. Mi ha fatto sorridere e riflettere insieme.
Foto by Leonora
Maddalena, con i suoi ventun anni, non sa come stavano realmente le cose prima dei telefoni cellulari. Credo non ricordi (ma glielo domanderò) cos'erano i gettoni della Sip, che costavano prima cinquanta, poi cento e infine duecento lire e servivano per telefonare dagli apparecchi pubblici. Maddalena non sa come si viveva senza sms, mentre ricorderà per tutta la vita che nelle relazioni interpersonali, prima di Facebook, se la cavava lo stesso egregiamente (ma indubbiamente peggio, di oggi, che per raccogliere il parere sull'idea di un centro culturale gli basta un clic e subito centinaia di persone possono risponderle in merito).
Da parte mia, sono escluso sia dalla "Generazione cellulare", sia da quella dei social network, pur usando proficuamente l'uno e l'altro.
Ricordo infatti benissimo le sere d'estate, innumerevoli sere d'estate, passate sul piazzale della chiesa ad attendere che Elena e poi Isabella e le sue amiche passassero davanti in bicicletta. Un incrocio di sguardi e via, fino al giorno dopo, più o meno alla stessa ora, se eravamo fortunati. Altrimenti, di giorni ne passavano tre o quattro, settimane intere o mesi, da settembre fino al maggio successivo, perché le ragazze d'inverno non uscivano. Un contatto vero e proprio avveniva due, tre volte al massimo all'anno. Durante le feste comandate. Il venerdì santo o il palio del paese: momenti sfuggenti, in cui non c'erano molti argomenti, poiché si conosceva poco dell'uno e dell'altro. Più che altro erano sogni, vaneggiamenti che al culmine non producevano nulla se non sorrisi timidi, che però permettevano di sognare ulteriormente, a lungo. Sto parlando dei miei tredici, quattordici, quindici anni. Non c'erano sms, al massimo bigliettini furtivi, scambiati all'intervallo. Ricordo quelli di una mia compagna delle medie, me li lasciava in mano e io mi vergognavo come un ladro, perché non mi piaceva, ma non avevo cuore di dirglielo. E parimenti ricordo tutti quelli che avrei voluto mandare a chi mi faceva mancare il fiato, ma non mi riusciva mai di dirglielo. Chissà se ci fosse stato Istant Messanger, o addirittura Facebook. Probabilmente sarebbe stato altrettanto magico e misterioso d'un tempo e io imbranato lo stesso.
P.S. Meglio chiamarla "Generazione Social network" perché Facebook dopotutto non è che una marca, un logo, come lo era Altavista, poi sostituita da Yahoo e ora da Google. E scambiare la marca con il mezzo comporta curiosi anacronismi, come gli svizzeri, che chiamano ancor oggi "Natel" il telefono cellulare, nonostante il "Natel" sia nel frattempo diventato Nokia, Samsung, Motorola, Sony...
P.S.S. Maddalena, mesi fa, ha scritto un bellissimo post (lo trovate qui) su Facebook e su alcuni effetti collaterali che può comportare. Mi ha fatto sorridere e riflettere insieme.
Foto by Leonora
3 commenti:
Vero che in Svizzera il Natel è il cellulare, ma lo traduci male in Nokia.
Oltre confine se vuoi evitano la confusione fra il mezzo ed il servizio infatti Natel non era la marca del telefonino, ma il gestore!
Un po' come se avessi chiamato il mio baracchino Ominitel ed oggi non mi convincessi a chiamarlo Vodafone. :-)
Precisazione doverosa e gradita.
Alloraperò, non è come se tu continuassi a chiamare Omnitel la Vodafone, bensì se ulizzassi Omnitel come sinonimo di cellulare. Esempio: "Sonia, passami l'Omnitel che chiamo il Giorgio". Giusto?
P.S. Abbiamo trasmesso: un costruttivo dialogo tra pedici :-) Dove "pedico" è espressione dialettale in vece di pignolo :-))
Chiedo scusa per i precedenti errori di battitura
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