martedì 20 ottobre 2009

Benedetto sia Brunetta, non...

Benedetto sia Brunetta, non chi si chiude a riccio

Ai lettori si può mentire, ma prima o poi se ne accorgono. Un motivo in più per dire la verità, anche con rivelazioni che avremmo remore persino ad ammettere in un confessionale. L’altra sera, ad esempio, abbiamo visto la puntata di "Porta a porta". Tutta! Lo sappiamo, è grave, ma ci appelliamo alla vostra comprensione, illustrandone il motivo. In studio c’era il ministro Brunetta, che ci incuriosisce già di suo, per le smorfie che fa, per come se ne sta seduto sgambettando in punta di poltrona, per quella spavalderia da "femme fatale" impiantata su un corpo da putto. Il ministro Brunetta, se non lo avete capito, ci sta simpatico. Molto simpatico. Gli perdoniamo persino l’ego smisurato e le "peggio cose", dichiarazioni che se provenissero dalla bocca d’un altro apriremmo l’intero guardaroba dello sdegno e grideremmo allo scandalo, invocando la bella cavalleria dei gentiluomini di un tempo. Di fronte a lui, di quei gentiluomini d’un tempo ce n’era uno: Pietro Ichino, spuntato nel salotto tv direttamente dall’Ottocento, con quell’aria inappuntabile di chi ha un cottage a Oxford. In mezzo c’era Vespa, ma non si notava nemmeno e per una volta nessuna coscia lunga, nessuna macchietta da esibire per patinare lo spettacolo. Solo un discutere appassionato, tra due che per carattere non si pigliano ma alla fine se la intendono. Perciò siamo rimasti ipnotizzati: ci sembrava un Italia migliore di quella che è.Questa però è soltanto la premessa. Il nocciolo è l’argomento che trattavano, cioè il riconoscimento del merito dei dirigenti pubblici, le ipotesi per far funzionare meglio (a volte anche far funzionare soltanto) la macchina degli enti locali, dello Stato e, soprattutto, la trasparenza. Un "mettere in chiaro" le cose che - a chi vede corto - può apparire dannoso, ma è l’essenza stessa delle giuste decisioni. Se fosse per noi rovesceremmo il concetto: essere trasparenti per i buoni amministratori pubblici non dovrebbe essere un dovere, bensì un diritto. A Como accade il contrario e la vicenda del muro ne è un esempio fulgido: ancora oggi i responsabili si sono chiusi a riccio, neanche fossero "under attack", nel mirino di Al Qaeda o di un commando talebano. Caradonna e Bruni e Viola e Ferro si acquietino, visto che l’unica arma di cui disponiamo è un punto interrogativo e - se non conoscono cosa sia - li rassicuriamo: non ha mai ammazzato nessuno.
La Provincia, 18.10.09

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