mercoledì 21 aprile 2010

Liberi dentro


Ieri l'altro ho ricevuto una mail di un collega, che - al nocciolo - si diceva dispiaciuto per ciò che avevo scritto in questo post, riguardo a Espansione Tv. Sapevo che il rischio di apparire ingrato era alto e credevo di essere stato chiaro: se così non è stato, ci torno sopra. L'argomento era la libertà di informazione e l'appunto che facevo era rivolto all'unico soggetto che può impedirla, in parte o appieno, cioè l'editore. Vale per Espansione Tv e Corriere di Como, ma anche per La Provincia, Corriere della Sera, Repubblica, Mediaset, Rai e Sky. Per tutti insomma. Ripeto: Corriere di Como e Espansione Tv hanno un editore che, in fatto di libertà di informazione, non accetta dissenso da ciò che è il suo pensiero. Ciò non significa che sia un cattivo imprenditore: i fatti dimostrano il contrario. E tanto meno che chi lavora per lui sia un cattivo giornalista, tutt'altro. I miei attuali colleghi mi sono testimoni, perché continuo a ripeterlo: chi lavora a Etv e al Corriere di Como deve essere bravo due volte e far fatica il doppio per ottenere magari la metà di noi, figuriamoci quando il conto finisce in pareggio o, nel dare una notizia, ci superano. Vale per tutta la filiera, dal direttore all'ultimo dei collaboratori. Non ho vergogna a scriverlo ed è per questo che posso guardarli dritti negli occhi, anche quando vengo frainteso. Così come, nonostante me ne sia andato, posso guardare dritto negli occhi l'editore. Espansione Tv e Corriere di Como sono una benedizione per l'informazione comasca, così come La Provincia, L'Ordine, i vari giornali di Como, Cantù, Erba, Olgiate, le radio, le web tv e tutte quelle testate che in misura minore consentono comunque di fare questo lavoro, affascinante per chi lo fa e utile per chi è convinto che conoscere ciò che accade oltre la porta di casa proproa sia alla base di una convivenza civile e, tutto sommato, migliore. Io stesso, se non ci fosse stato Maurizio Giunco che ha fondato e gestito Espansione Tv, e Adolfo Caldarini e Mario Rapisarda, che mi hanno dato fiducia, chiamandomi accanto a loro, non avrei fatto questo lavoro. Lo ricorderò finché campo. Riconoscere i meriti dei "padri" non significa però non avere una propria idea e tacere i punti in cui non si è d'accordo.

Un'ultima cosa che desidero dire, proprio ai miei colleghi (passati, attuali e azzarderei futuri, se non temessi di passare per il solito trombone stonato). Lo faccio, perché così ne approfitto soprattutto per ripeterla a me stesso. Si può essere fortunati o meno, lavorare con un editore con cui c'è assonanza di idee su tutti i temi oppure divergenza assoluta o, come capita spesso, condividere alcuni punti e altri no: ciò che conta è non confondere i ruoli, conservare distinto il proprio pensiero, avere una propria opinione. In tre parole, essere liberi dentro.
Foto by Leonora

2 commenti:

andre ha detto...

...cristallino, come direbbe quello là. Aggiungo che la regola d'oro delle tre parole mi pare valga anche per qualche altro lavoro, qualche altro ruolo. La sensazione di non essere valorizzati a pieno, di essere limitati nelle proprie azioni, di essere più o meno liberi nelle proprie espressioni, direi che vale un po' ovunque, ed è comunque sempre indiscutibilmente una brutta esperienza; al di là del fatto che l'espressione del tuo pensiero sia l'essenza stessa del tuo lavoro, come nel vostro.

Paola Scuratti ha detto...

aggiungo solo che dove non c'è ascolto è inutile esprimere la propria opinione. Ciao, ho fatto cadere una goccia. Qui. Buona serata.