martedì 11 maggio 2010

Stabat mater


Tre anni. Sono passati tre anni da quando Gianni, per me l'unico zio, ha girato l'interruttore e ha lasciato che camminassimo da soli, restandoci sempre a fianco. Non ho memoria per le date, ma non dimentico i giorni passati e stamattina, quando ho aperto la mail, non mi ha sorpreso di trovare il messaggio di Arnaldo, suo collega e fratello, un amico come forse io non avrò mai, con tutto il rispetto per Angelo e David e Raffaele e Mauro e ogni persona a cui voglio un bene ricambiato. "Ti, nan", era la frase con cui esordiva sempre zio Gianni. Tu, ragazzo. Grazie ad Arnaldo lo sento ancora vivo e mi fa compagnia quando spengo la luce ripensando ai tanti momenti trascorsi insieme. Non mi manca per quello che abbiamo passato, bensì per non poterlo avere testimone ora, al mio, a fianco di una famiglia ch'è tale perché lui ha tessuto per anni trama ed ordito. Manca forse più a sua sorella, mia madre, che ha varcato la soglia di coloro che rivolgono alle spalle lo sguardo. Ieri l'altro volevo scrivere un post su di lei, su Anna. Era la festa della mamma, la sua festa, e m'è venuto in mente che lei non passa mai di qua, che non ha familiarità con il computer e non conosce i pensieri nero su bianco di suo figlio, di cui invece ritaglia con pazienza e nascondimento gli articoli di giornale, conservandoli chissà dove, senza clamore, con quello spirito di utilità che l'ha sempre distinta nel mettersi al servizio. In questo blog ho parlato spesso di mio padre, mai (quasi mai) di lei, che pure è l'altra metà della luna e che mi vuole più bene di tutti al mondo. L'unica che mi perdonerebbe tutto e, per la medesima ragione e radice, colei che più rimarebbe ferita dagli errori che faccio, che ho fatto. Ho vissuto intensamente gli ultimi anni con mio padre, con cui c'era più intesa intellettuale, mentre lei paga pegno alla naturalezza con cui mi è sempre stata a fianco, senza fare rumore, senza pretendere nulla in cambio. Così mi pare che sarà sempre e rimando troppo spesso momenti che non torneranno e di cui mi pentirò, ne sono certo, un giorno. Approfittando che non passerà di qua e non leggerà a breve ciò che scrivo, vorrei renderle grazie per non avermi voluto tutto per sé, per avermi messo sul trampolino di lancio e fatto in modo che diventassi adulto, indipendente, autonomo. Ricordo che quando ero piccolo e con un carattere introverso, mentre io desideravo solo trascorrere lunghi pomeriggi nella mia stanza, senza nessuno intorno, lei mi costringeva ad uscire, mi portava di peso all'oratorio, e accoglieva i miei coetanei con generosità, in modo che fossi circondato da amici e non crescessi asociale, avulso da ciò che accadeva attorno. Non è esente da difetti, in primis quel carattere serio che è tipico del comasco puro, ma ha cuore generoso e un bene maturato col cervello anche quando viene meno l'istinto. Volevo dirglielo, ho cominciato a scriverlo.

Foto by Leonora

2 commenti:

andre ha detto...

un post sulla mamma ci vuole coraggio! per non parir mammoni, per non esser sdolcinati e scontati, per non guardarsi allo specchio e scoprire d'esser troppo uguali. Bello il tuo elogio, caldo, affettuoso, misurato, intelligente, serio "tipico del comasco puro"....e della mamma!

bussola ha detto...

bellissimo... era la stessa preoccupazione di mia madre.... quando era piccola mi costringeva di peso a mischiarmi a giocare con i gruppi di bambini nel parco .... quando per me erano sconosciuti e li vedevo bene a distanza.... poi uno cresce e rafforza il carattere... e si capisce che se da sola stai bene con gli altri stai meglio