Foto by Leonora |
Ho rivisto Valeria l'altro giorno, tale e quale a come la ricordavo, forse con una luce diversa negli occhi, ma sempre spigliata, indipendente, decisa a non restare indietro un passo, una di quelle donne che apprezzano le galanterie ma a patto che il rapporto alla pari non sia pregiudicato.
Valeria fa il mio lavoro. Non questo, l'attuale, bensì quello che ho fatto prima di diventare giornalista, e che in fondo non ho abbandonato mai, perché non si fa l'assistente sociale ma si è assistente sociale sempre, dentro, ventiquattro ore al giorno, trecentosessantacinque giorni all'anno.
Anche su questo abbiamo scherzato, bevendoci uno spritz e raccontandoci a voce il riassunto delle puntate precendenti, ciò che ci siamo persi nel frattempo, dagli affetti alla professione, dalle passioni ai dubbi esistenziali che distinguono o accumunano.
Stavo bene con lei e il tempo è volato, come sempre capita quando sono a mio agio. Valeria non ha avuto solo rose e fiori dalla vita, i crucci e le delusioni l'hanno scavata senza toglierle la terra sotto, rendendola forse più dura ma anche forte. L'ha salvata e la salva, per sua stessa ammissione, l'ironia, l'autoironia soprattutto, quel modo di guardare a se stessi con lievità, senza darsi eccessiva importanza e smarrire il sorriso.
E mentre era lì, di fronte a me, minuta e in apparenza fragile, le invidiavo la resistenza e la resilienza, la capacità di tornare alla forma originaria dopo esser pressata e strizzata per benino. Tra noi due quella forte è lei. Perciò, per quel che la conosco, Valeria resta per me un modello, un esempio. Volevo scriverlo qui, proprio oggi, nel giorno del suo compleanno.
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