Ti sono grato, per ogni singola oncia che ti sei caricato sulle spalle, ogni callo sulle mani, ogni ruga del viso.
Non sei mai stato ricco, hai sempre guadagnato quanto un operaio ben retribuito, mi hai lasciato più del necessario, dimostrando quanto un uomo semplice può costruire partendo dal niente, contento di non accontentarti, di non sederti sul comodo, di piegare i sacrifici ad un'aspirazione, un "sogno", come li chiamavi tu, piccoli atti di costruzione del mondo.
Lo hai fatto con gli strumenti che ti sei trovato attorno, pienamente figlio della tua epoca, con i pregi e i difetti dei giorni in cui sei vissuto, ritirando dalle fabbriche e dai privati gli scarti di metallo, carta, plastica e portandoli dove li avrebbero riutilizzati.
Un lavoro sporco, nel senso letterale del termine, che ci si sporcava nel farlo e insieme costringeva alla fatica del corpo, all'esaurimento delle forze fisiche ad ogni tramonto, ma che anticipava una sensibilità al riciclaggio ora scontata, un dato di fatto.
Eri un precursore, senza saperlo, e come tutti gli antesignani, non avendo piena consapevolezza delle tue azioni, è facile ora leggerne gli errori: guardarli con sufficienza, giudicarli con severità o distacco - lo scrivo per i miei figli, i tuoi nipoti - applicando ad essi le coordinate della sensibilità attuale e le ascisse di quel tempo sarebbe irriconoscente, oltre che sbagliato.
Hai realizzato ciò che hai potuto, ricercando il meglio, indicandomi con l'esempio che il medesimo percorso devo farlo anch'io, non banalmente replicando, bensì aggiungendo ai tuoi valori quelli che io stesso - grazie a te, ma diversamente da te - ho maturato.
È proprio pensando a queste cose che, giorni fa, passando di fronte al vecchio deposito del camion, ho preso la decisione di non lasciarlo abbandonato, di evitare che crolli, costituendo un pericolo e soprattutto la prova evidente di un decadimento, di un non prendersi cura del testimone ricevuto.
Sono pochi metri quadri, che esistono da un tempo immemore e che tu hai messo in regola decenni fa, spendendo quella che allora era una piccola fortuna in oneri e sanatorie, pur di coricarti la sera e alzarti il giorno dopo tranquillo.
Per questo - quando accadrà - vorrei che per sistemare quel luogo del cuore fosse impiegato tutto il sapere ecologico attuale, l'attenzione per la sostenibilità, l'ambiente, lo sviluppo, ma pure per il bello, il buono.
Soltanto così infatti sentirò di aver dato continuità ad un cammino, prendendo il meglio che mi hai insegnato e ponendo a mia volta mano per riparare le ferite di quanto abbiamo capito fosse sbagliato. A cominciare dalle coperture di eternit che ancora resistono, causa principale del male che ti ho portato via, tredici anni fa, senza scampo.
P.S. Per la manutenzione straordinaria di cui necessita la struttura ho presentato domanda, affinché tutto sia regolare e insieme trasparente, limpido (un grazie all'amico Roberto, per l'interessamento paziente).
Io però, lo ammetto, vorrei di più.
Vorrei che l'iniziativa personale diventasse un volano, affinché molti si prendano cura dell'esistente, specialmente di quello fatiscente, trascurato. Soltanto così, soltanto investendo risorse ciascuno per la propria parte nel ristrutturare eviteremo di usare il poco verde rimasto (e che va tutelato, ad ogni costo), risolvendo uno dei mali del nostro paese, di ampie porzioni del territorio: la prevalenza del brutto, la sciatteria, lo spreco.
1 commento:
Essere le persone con una coscienza gia' vorrebbe dire prendersi cura dell'esistente.
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