Foto by Leonora |
Chiedo dunque moderatamente scusa a tutte le insegnanti di aritmetica, algebra, geometria e fisica che ho avuto e che hanno dovuto fare i conti, ostici, quelli sì, con le mancanze evidenti che avevo. Talvolta mi sono pure impegnato ma certe materie non fanno per me, pur se ne ho rispetto, se sono grato a tutti coloro che in esse trovano gusto e che hanno consentito al mondo di progredire, dunque anche al sottoscritto.
Mi sono tolto questo sassolino dalla scarpa, non solo per spiegare il motivo per cui ho scelto di fare questo mestiere e non l'ingegnere nucleare, come il mio amico Angelo, o lo scienziato come Toto, bensì per un motivo semplice e commerciale, visto che siamo in prossimità del Natale e sono certo che qualcuno che passa da qui ha ancora qualche pensiero da fare e non avendo provveduto prima è in ritardo.
Avrei una preghiera: se non sapete cosa regalare, fate dono di un libro. Di carta, piccolo o grande non importa, così come non è fondamentale il titolo. Chi li legge sa che il libro azzeccato non esiste: ce ne sono alcuni intonsi sugli scaffali di casa mia ed altri che dieci volte ho cominciato a leggere e per altrettante volte ho desistito, salvo poi capitare un pomeriggio di giugno o una mattina di novembre di riprendere in mano e divorare letteralmente, sembrandomi esso il miglior libro del mondo ("Guerra e pace" ne è un esempio).
Un libro azzeccato non esiste e per questo tutti sono azzeccati, a patto da avere pazienza e non pretendere che vengano letti subito. E poi un libro può esser a sua volta donato, se quello che riceviamo è doppio, oppure il massimo è ragalarne uno proprio, non importa se usato. Anzi, più è consunto, vissuto, meglio è. Vuol dire che teniamo, che abbiamo a cuore a chi lo regaliamo, perché non è un libro qualsiasi, è un vero pezzetto di noi che vogliamo entri nella vita dell'altro (il primo libro che ho ricevuto così è stato "Non ora, non qui" di Erri De Luca, datomi da David, non l'ho mai scordato).
In più, fatti due conti (vedi che la matematica a qualcosa serve), il libro è anche un regalo economico, ma non è questo (gioco di parole) che conta di più. L'aspetto essenziale è piuttosto la constatazione che leggere un libro è bello. Magari quando si è ragazzi non ce ne se rende conto, oppure si legge un sacco però poi la passione scema (non è una parolaccia), salvo poi tornare impetuosa in età adulta o quando si è vecchi proprio (non ho mai visto mia madre leggere un libro per quarant'anni, mentre ora divera un libro dietro l'altro). Quando accade, e qui sta il punto (esclamativo), è come se si diventasse protagonisti non di un'avventura o una storia straordinaria, come nella vita di ciascuno può capitare una o due o tre volte, ma attraverso la lettura capita invece cento, mille volte. Ed è questo il motivo principale per cui scrivo, ma prima ancora leggo.
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