Essendo tempo di Pasqua, lo si può confessare.
Uno dei miei errori più gravi, poiché rischia di contagiare che mi sta attorno, è la fretta di concludere, il desiderio di tagliare il traguardo del gioco dell’oca saltando a piè pari le caselle, così come la convinzione - errata - che se aumento la pressione, l’intensità, ottengo risultati più rapidi, un minor margine di incubazione.
Invece no. Esiste un corso naturale degli eventi e una pazienza che va esercitata, per assecondare il destino senza volerlo anticipare, evitando di forzare la mano, generando di conseguenza ansia, apprensione, disorientamento, apprensione.
C’è un tempo per ogni cosa, soprattutto nel saper aspettare. Prendiamo una pianta di pomodori oppure il bulbo di un tulipano o o la spiga del grano o un cucciolo d’essere umano o di animale, nella pancia della madre.
La natura anche in questo è maestra: basta saperla osservare.
P.S. Questo pensiero è dedicato per primo a te, Giorgia, che in questi mesi conduci una battaglia silenziosa e quotidiana contro le tue insicurezze, le aspettative proprie e altrui, l'incalzare tambureggiante delle scadenze, l'ansia di dover trovare una strada o risposte.
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