venerdì 1 settembre 2023

Comincia per D (Il valore della diversità)

"Se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi ad un uomo. Se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi a una donna".
Margaret Thatcher

Detesto lusinghe e adulazioni, diffido delle generalizzazioni, credo profondamente nel valore della diversità. Compresa quella tra generi.
Un preambolo debole per una dichiarazione d'ammirazione forte, nei confronti non di una categoria, bensì delle molte donne che conosco, con nomi, volti, storie.
Mentre scrivo è come le avessi una ad una davanti agli occhi, ciascuna con la propria singolarità, molte con tratti comuni: la bellezza - intesa non come estetica, bensì come riflesso della parte più intima, più originale della propria identità, che potremmo chiamare anche "anima" - la sensibilità, l'intelligenza, il pragmatismo che sovente le distingue.
Nei loro confronti mi sento principalmente debitore. Non come Giorgio in sé, che potrebbe anche starci, bensì come uomo, maschio, apice di una tradizione che ha molti pregi, ma altresì storture che è nostro dovere raddrizzare. Penso al ruolo all'interno della famiglia, alla suddivisione rigida dei compiti, alla prevalenza della forza, alla mancata parità in fatto di riconoscimento, retribuzione, potere.
Un fattore culturale che non si cambia a suon di slogan o limitandosi alla stesura di leggi, regolamenti, bensì con l'educazione. Partendo dai figli. Dai figli maschi, in particolare.
Educare al rispetto, alla giustizia, all'eguaglianza, alla nobiltà d'animo, alla generosità, ma prima ancora all'empatia. Mettersi nei panni dell'altro, dell'altra, sentire sulla propria pelle ciò che può provare, proiettare dentro sé le sue paure, gli imbarazzi, le frustrazioni, il dolore, viverlo, come se capitasse a noi e non a qualcuno ch'è banalmente estraneo, distante.

P.S. I figli vanno educati, ma i figli a loro volta educano. Debbo alla mia secondogenita, Giorgia, quella che definire una "conversione" sarebbe esagerato, certo però è un modo diverso di vedere e valutare le cose. Anche perché dei "convertiti" non ho il sacro furore. Piuttosto, a spronarmi, è una ferma consapevolezza: la convinzione che proprio perché siamo differenti è insieme che - confrontandoci, discutendo, aiutandoci vicendevolmente - possiamo trasformare il mondo in un posto migliore. 

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