Venti righe. Indro Montanelli sosteneva che in venti righe si può raccontare tutto. Bastano tre parole invece per spiegare le ragioni di questo blog: comunicare, in libertà. Per il resto, vale per me ciò che scrisse Jorge Luis Borges, "I miei limiti personali e la mia curiosità lasciano qui la loro testimonianza".
martedì 26 luglio 2011
La voce
All'asilo la suora diceva a mia madre che ero un "materialone". Un aggettivo che è uscito dal vocabolario corrente (a dimostrazione che la lingua italiana possiede, se non santi in paradiso, almeno un nume tutelare) così come è raro l'uso di un altro termine assai più nobile, ma dalla medesima radice: materialista. La prendo larga, molto larga, perché ciò che devo scrivere oggi non è semplice, neppure per me, che non sono materialista, ma neppure facile a credere in ciò che è trascendente. Diciamo che nella teoria sono "possibilista" - nel senso che se dovessi scommettere punterei cinquanta su cento sul fatto che oltre ciò che i miei sensi avvertono non c'è nulla e il restante cinquanta sulla possibilità che ci sia qualcos'altro - mentre nella pratica sono assai scettico su tutto ciò che non è razionale e che scientificamente non si può dimostrare.
Premesso ciò, pur con la prudenza del caso e pregando chi legge che non corra a prendere corda e una sedia a cui legarmi, devo rivelare un fatto che ai più sembrerà paradossale: i morti mi parlano. Sì, non sono impazzito e avete letto bene: i morti mi parlano. O se non sono loro a parlare, io li sento, comunque. Non discorsi veri e propri, non parole come si scambiano tra noi, in carne ed ossa, vivi. Semmai intuizioni, impressioni, come pensieri apparentemente tra me e me, normali riflessioni, ma con alla fine la sensazione che non siano stati partotiti dalla mia mente, bensì siano stati suggeriti, quasi sussurati al cervello, se non proprio alle orecchie, da una persona in particolare. Non si tratta di episodi frequenti, bensì sporadici, molto occasionali. Quando però mi capita ho come l'impressione che potrebbe succedere più spesso, se solo avessi la pazienza, l'umiltà di mettermi ad ascoltare. L'ultimo episodio è capitato oggi, leggendo su Facebook ch'era il compleanno di Alessandro, un ragazzo che ha perso il nonno, Gianmario, poche settimane fa. Non sono passati tre secondi e un pensiero m'è balenato, come un'eco lontana e vicina insieme, e mi è parso di vederlo Alessandro, e suo fratello Andrea insieme, tristi, tristissimi, d'una mestizia che è come un manto greve. E nello stesso istante è comparso nel pensiero anche nonno Gianmario, con quel sorriso d'uomo buono e mite, che guardava contento i suoi nipoti e a bocca chiusa, con il solo sguardo, mi diceva questo: "Dì loro che ci sono, di non esser tristi".
Ora, io conosco pochissimo Alessandro e Andrea, avrò scambiato con loro tre parole in tutto, da quando sono nati, e ad esser onesto sono in imbarazzo a scriver queste cose, ho quasi vergogna, lo ammetto. Vorrei tacerle, per timore di sembrare ridicolo o, peggio, patetico. Non posso. Almeno dieci volte oggi ne ho scacciato il pensiero e altrettante volte è tornato, con l'immagine del nonno che mi invitava a farlo. Ecco, l'ho fatto, l'ho scritto, l'ho detto. In teoria resto scettico, nella pratica sono finalmente in pace con me stesso. E con Gianmario, ma anche con Angela, la mamma di Federica, e con altre persone che, in tempi e modi differenti, hanno bussato alla mia porta. O almeno a me è parso di sentir loro bussare ed è così che ho aperto.
Foto by Leonora
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3 commenti:
Ci parlano e ci ascoltano! potrei raccontare tanti episodi come il tuo, certo non tutti hanno queste "sensibilità". Vorrei solo accennarti poche parole del Mon. Maggiolini, che su un caso come il tuo, mi spiegò che alcune persone rimangono legate da un filo sottile ad altre anche dopo la morte. In queste circostanze è possibile che la senzazione sia palpabile. E poi, non ti è mai successo di dire "io questa cosa l'ho già vista e vissuta ma non ricordo quando" il più delle volte ci passi sopra altrimenti di danno del pazzo!
nessun timore, nessuna vergogna, nessuna follia... è semplicemente così: sono certa che esista un legame fra ciò che è stato e ciò che è. Un legame a doppio filo, con chi ha lasciato una traccia d' amore nel percorso della sua vita che in qualche modo si è intrecciata alla nostra vita.
E chi è in grado di cogliere questo legame, è una persona sicuramente più ricca.
E noi, non perderemo mai chi abbiamo veramente amato, se avremo orecchie per ascoltarne il sussurro, che sempre ci è accanto, nel vento...
luciana - (comoinpoesia)
Giorgio, se hai bisogno di un po' di ferie in più ti do le mie...
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