venerdì 6 giugno 2014

Parentesi chiusa (grazie, zia Angelina)


Foto by Leonora
Prima di aprire una nuova parentesi tento di chiudere quella vecchia, anche se chiusa chiusa non la sarà mai. Sull'esperienza di Monza, al Cittadino, ho ricevuto telefonate, lettere, messaggi, mail. Tutte affettuose, qualcuna simpatica, altre commoventi: come al solito mi sono ripromesso di rispondere una ad una ma sarà un'operazione complessa. Un po' mi sono pentito di non aver organizzato cene o rinfreschi di commiato (ho sempre il timore di arrivar lungo e sfociare nel melodramma o, peggio, nell'operetta), è stato piuttosto un saluto semplice, alla spicciolata, però caloroso, con tutti. Così ho evitato quei congedi mesti, se non tristi, che racconta anche Feltri nel suo ultimo (e gustosissimo) libro, sui "Buoni e cattivi", quando a pagina 249 scrive: "Vuotare i cassetti della scrivania, percorrere in solitudine un'ultima volta i corridoi, nessuno che ti aiuti a portare via gli effetti personali: è come assistere al proprio funerale. In quel momento, comprendi con amarezza i limiti tuoi e altrui. Gli uomini nel peggio sono tutti uguali. Il direttore di un giornale, e in genere ogni capo, un minuto dopo che non lo è più viene considerato solo un poveraccio e come tale lo trattano. E' già un miracolo se non gli sputano addosso".
Ecco, io non credo di averlo rischiato. Forse perché al Cittadino ci sono soprattutto brave persone, certo perché non sono un capo nel senso pieno come lo è Feltri, magari perché io per primo cerco di essere attento a non ferire gratuitamente, a esercitare il potere senza prepotenze, né con i vicini di scrivania né con i lettori. Qualche volta mi è capitato di dover prendere decisioni dolorose, persino interrompere il contratto di collaborazione con qualche collega, ma l'ho fatto sempre motivando il provvedimento e cercando di usare quella sensibilità che avrei voluto fosse usata a parti inverse, memore che le scale si salgono ma anche si scendono. Non solo. La frase che mi ha accompagnato incessantemente negli anni al Cittadino è quella della zia Angelina, pace all'anima sua, quando per la prima volta le ho mostrato un tablet. Ero da poco diventato direttore a Monza e volevo farle un filmato per poi mostrarglielo in tempo reale. Lei, sulla soglia dei novant'anni, alla richiesta di saluto mi aveva detto "di fare il bravo", aggiungendo in dialetto: "rùga minga i gent", non trattare male le persone. La prova provata di quanto scrivo la trovate in questo video e l'ho considerato fin da subito un segno del destino, un monito da appuntarmi e tenere come stella polare. Un'eredità che mi porterò, ne sono certo, oltre Monza.

Nessun commento: