giovedì 17 novembre 2011

Banche aperte e chiese chiuse

E' un governo di banchieri, viene detto a più riprese, per screditare le scelte del primo ministro Mario Monti.
Se ci pensate bene, fa già specie questo: che i "banchieri" possano "screditare" il governo, ch'è un po' come se gli idraulici capissero un tubo o i cuochi fossero dei bolliti.
Non sono contro le banche: le evito con cura. Ci sono entrato sì e no una mezza dozzina di volte in vita mia ed è sempre stata una sofferenza. Ciò non toglie che abbia amici bancari (bancari, non banchieri) che stimo moltissimo. Penso all'Arnaldo, a Dino, ad Augusto. E a mia cugina Roberta, che ha seguito le sorti del padre Gianni, l'unico fratello di mia madre (a proposito, oggi ho scoperto che proprio lo zio Gianni fu assunto all'allora Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde dallo zio di Monti, che era a sua volta parente di una mia zia, Carlotta. Loro tre, una sessantina di anni fa, andarono a trovare il comune zio a Milano, portando una lettera di referenze. "Ci fermammo a cena - ha spiegato mia mamma, in rigoroso dialetto lombardo - e ricordo che mangiai per la prima volta i cavoletti di Bruxelles impannati").
Torno a bomba (metaforicamente, ci mancherebbe) sull'argomento banca.
Non ho un rapporto di simpatia e nemmeno di cordialità, direi. Mi fido dell'Arnaldo, non della banca in sé. Di qualsiasi banca, visto che ne ho avute un paio e sono stato gabbato da entrambe (azioni Cirio e obbligazioni Argentina), per non parlare della famiglia di Isabella, ch'è stata addiruttura spolpata con manovra da mozzo di filibusta.
Premesso ciò, credo siano l'effetto e non la causa di buona parte dei mali.
La conferma l'ho avuta oggi. Ero in una grande città della Lombardia, e avendo una mezz'ora di tempo verso mezzogiorno ho bighellonato per il centro pedonale.
In trenta minuti non sono riuscito a entrare in una chiesa. Tutte con le porte serrate, o perché in disuso o per la pausa di metà giornata. In compenso non c'era una banca chiusa, con le loro sedi lussuose, le porte scorrevoli, un'opulenza dozzinale ed ostentata.
In fin della fiera, la morale è questa: abbiamo chiuso le chiese e aperto sempre più banche.
La non è loro la colpa, bensì nostra. Che abbiamo privilegiato il dio denaro a dispetto di quello fatto uomo, persona. Finché non torneremo a ribaltare i piatti della bilancia, dando valore ai beni immateriali, alla parte più intima, spirituale, che c'è in noi, è scontato che il primato spetti alla banca. Nel frattempo, prendendo atto dello stato delle cose e decretando questo come un tempo d'emergenza, avrei una proposta: non chiudiamo le banche ma almeno lasciamo aperte le chiese, riscoprendo la virtù del silenzio, dell'ascolto, dell'accoglienza.

Foto by Leonora

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